Pratica poco conosciuta quella di ottenere una pensione più alta riscattando dei periodi di lavoro, ma con questa guida saranno in molti a guadagnarci.
Informarsi è la prima mossa per essere soddisfatti, specie se ci si affida a fonti certe. La guida conferma che si può ottenere una pensione più alta mediante il riscatto, ma bisogna capire chi e in che misura può compiere ciò.
Entra in gioco lo strumento della Costituzione di rendita vitalizia, il quale consente il riscatto oneroso di periodi di lavoro che non sono coperti da contribuzione, o quando questa sia insufficiente. In poche parole, implica il pagamento di una somma che sana queste falle della contribuzione, ed è molto utile per chi ne ha di bisogno per rimpinguare l’assegno pensionistico.
Ma è una possibilità per tutti? C’è un grosso aggiornamento legato alla manovra finanziaria per il Collegato Lavoro, il provvedimento in cui sono introdotte le novità riguardanti questo strumento. Come si agisce nel concreto anche in vista delle ultime evoluzioni?
Si può avanzare la richiesta di versare i contributi omessi per regolarizzare la posizione contributiva carente ed incompleta. Fatto ciò, la pensione futura ne beneficia nell’immediato, ma chi può farlo? Sia il datore di lavoro che il lavoratore, o i suoi superstiti. Mettere in regola i contributi è fondamentale sia per esercitare il diritto della prestazione, che per determinarne la misura.
L’onere da sostenere è posto da un calcolo ben specifico a “riserva matematica” o a “percentuale”, a seconda del sistema previdenziale, se misto o contributivo. La richiesta viene esaminata con attenzione, anche in vista di certe condizioni e scadenze da rispettare.
Per quanto si possa definire questa modalità “vantaggiosa”, non è per tutti uguale, e proprio per questo bisogna valutare anche gli altri elementi. Si tratta di condizioni e scadenze ben specifiche, le quali vanno evidenziate per non perdere questa occasione.
Per ottenere il riconoscimento di ciò si deve dare prova certa di aver lavorato nei periodi da riscattare. Deve anche essere trascorso il termine di 5 anni dall’omissione contributiva. Questi due elementi non vanno sottovalutati, perché senza non si va avanti nell’utilizzo del riscatto finora analizzato.
Quest’ultimo termine è stato di recente aggiornato, perché finora per presentare la domanda di costituzione di rendita vitalizia, c’era la scadenza di 10 anni successivi all’avvenuta prescrizione. Quindi, massimo dopo 15 anni l’omissione/carenza dei contributi.
Ma perché il legislatore è intervenuto sui termini? Per adempiere al meglio alle esigenze pensionistiche. Perché dall’aggiornamento, il lavoratore potrà chiedere all’INPS di usufruire della Costituzione di rendita Vitalizia, pur se trascorsi 15 anni e se non caduta in prescrizione. Però in questo caso, è tutto a carico del lavoratore.
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