Ecco quando si può chiedere il part-time e quali errori bisogna assolutamente evitare, indicazioni pratiche.
Il part-time è una la forma di lavoro che incarna il giusto compromesso per l’equilibrio tra la vita lavorativa e privata, ma si può chiedere sempre? Sorge un interrogativo non da poco, perché si rischia di fare grossissimi errori.

Ci sono dei casi e delle modalità in cui si può fare richiesta. Quando il lavoratore vuole trasformare il contratto da tempo pieno a parziale, e motiva la necessità di compiere ciò per cause personali, di famiglia, salute o studio, può farlo.
In entrambi gli ambiti, settore pubblico e privato, hanno la precedenza al part-time i lavoratori che hanno gravi patologie cronico-degenerative o oncologiche. Oppure si tratta di neo-genitori, lavoratrici vittime di violenze di genere, e in certi casi se si è caregiver, cioè si assiste familiari sottoposti al regime della legge n. 104/1992.
Entra in gioco anche per i docenti neo-assunti. Possono richiederlo contestualmente alla presa di servizio o entro la scadenza fissata al 15 marzo di ogni anno. La domanda si fa mediante il dirigente scolastico che la invia all’URS provinciale. Essa deve essere sempre accettata se il lavoratore avanza un diritto specifico.
Ma se quest’ultimo non sussiste, il datore ha piena discrezionalità nel concederlo o meno, valutando le esigenze organizzative e produttive dell’ente.
La forma del contratto è scritta, in cui specificare orari con tanto di distribuzione del monte ore e la durata.
Errori per da non fare per chi vuole il Part-time, quando invece si può chiedere
Diviene importantissimo sapere quando non si può chiedere il part-time. Si rischia di compiere degli errori che sembrano banali, ma che invece fanno la differenza.

Se il lavoratore non rientra nelle categorie degli aventi diritto prioritario e il datore non accetta la richiesta, quest’ultimo è in piena regola. Anche chi non presenta la domanda entro i tempi indicati, perde il diritto al part-time.
Chi non ha un diritto specifico, può richiederlo, ma non deve avere la presunzione ad ottenerlo.
Il lavoratore deve sapere che non è un diritto automatico a prescindere, quanto una concessione discrezionale del datore, quando non ci sono i casi indicati. Chi vi rientra sa che ha uno stipendio proporzionalmente più basso rispetto al tempo pieno. Questo incide sul reddito complessivo e sulla capacità di risparmio.
Al diminuire della retribuzione accade lo stesso per dei diritti pensionistici e delle prestazioni ad essi legate. La stessa indennità di disoccupazione per i part-time è minore rispetto a chi è in full-time.
Mai compiere l’errore di accettare clausole elastiche che permettono al datore di chiedere ore extra a quelle contrattuali fino al 25% in più e con preavviso breve. Questo può rovinare la qualità di vita per sfruttamento. Il part-time ha una maggiorazione solo del 15%, minore rispetto ai full-time che hanno il 20-30%.
Infine, è bene denunciare che le donne sono le maggiori vittime involontarie del part-time. Di cui ne subiscono amare conseguenze. C’è meno possibilità di avanzamento di carriera, e questo può minare pure guadagni e risparmi