Ricevere il TFR può sembrare l’ultimo atto di un lungo percorso lavorativo. Ma cosa succede se, mesi dopo, arriva una nuova richiesta dal Fisco? Non si tratta di sanzioni, né di errori. Eppure, ci sono ex lavoratori e pensionati che si trovano a dover versare cifre aggiuntive, anche rilevanti. Il motivo è ben preciso, anche se poco conosciuto. E in certi casi, chi ha avuto redditi medio-alti rischia davvero di più. Chi non sa come funziona il conguaglio potrebbe trovarsi spiazzato.
C’è un momento preciso, quando si lascia il lavoro, in cui tutto sembra chiudersi in modo netto. Il cedolino con il TFR o il TFS, il bonifico che arriva dopo mesi di attesa, e infine quella sensazione di avere sistemato ogni cosa, anche con il Fisco. Ma non sempre è così. A volte, quello che pare un punto fermo si trasforma in una virgola inattesa.

Nelle cassette della posta, ormai sempre più digitali, iniziano ad arrivare notifiche. Avvisi bonari, lettere dell’Agenzia delle Entrate, con importi inattesi da pagare. Nessuna multa, nessun errore. Solo una voce: “conguaglio”. Una parola che suona tecnica, quasi fredda, eppure capace di cambiare l’umore di chi pensava fosse tutto archiviato.
Inizia così una fase che molti non conoscono: quella del ricalcolo fiscale sul TFR o sul TFS. Un processo del tutto legittimo, ma che per molti resta una sorpresa poco gradita. Eppure, si tratta di una questione prevista dalla legge, di quelle che non fanno rumore ma che incidono sulle tasche. E se si è ricevuto un TFR consistente, magari dopo anni di attesa, gli importi possono anche superare le centinaia di euro.
Perché il Fisco può chiedere ancora soldi dopo l’incasso del TFR
Il Trattamento di Fine Rapporto non è tassato come gli altri redditi. Non rientra nel classico schema IRPEF progressivo che si applica ogni anno sullo stipendio. Invece, il sistema prevede una tassazione separata, pensata proprio per gestire compensi riferiti a più anni di lavoro. Quando viene liquidato, l’ente che paga, spesso l’INPS per i dipendenti pubblici, trattiene un’imposta provvisoria del 23%. Ma non è quella definitiva.

È qui che entra in gioco il conguaglio fiscale. L’Agenzia delle Entrate, dopo l’erogazione, ricalcola l’imposta effettiva da versare, utilizzando un metodo particolare: si prendono in esame le aliquote IRPEF applicate ai redditi dei due anni precedenti alla liquidazione. Se in quegli anni il reddito era alto, anche l’aliquota effettiva può essere più alta del 23%. E così, l’ex dipendente può dover restituire la differenza.
Immaginando una liquidazione da 30.000 euro, con trattenuta iniziale di 6.900 euro (pari al 23%), se l’aliquota media effettiva risultasse del 27%, il contribuente dovrebbe versare altri 1.200 euro. Non si tratta di una penalità, ma del calcolo finale dell’imposta, fatto a distanza di tempo e con criteri specifici. Ecco perché molti ricevono avvisi anche mesi dopo il pagamento del TFR.
Chi rischia di più con il conguaglio sul TFR o TFS
A essere maggiormente esposti a una richiesta aggiuntiva da parte del Fisco sono coloro che hanno avuto redditi medio-alti negli anni precedenti alla liquidazione. In questa fascia rientrano manager, quadri, dirigenti pubblici, ma anche professionisti che hanno cambiato regime fiscale solo dopo il pensionamento. Più elevato è stato il reddito, più probabile è che la trattenuta del 23% sia insufficiente a coprire l’imposta effettiva.
Non solo. Anche il ritardo nella liquidazione può incidere. Quando il TFR arriva molto tempo dopo la fine del rapporto di lavoro, la distanza temporale rende più probabile una variazione nelle aliquote applicabili, con il risultato che il saldo fiscale si sposta in avanti. In più, per chi ha ricevuto un TFS (tipico dei dipendenti pubblici), la situazione non cambia: vale la stessa regola e lo stesso meccanismo di ricalcolo.
Chi ha avuto redditi più bassi o ha percepito liquidazioni modeste, invece, difficilmente riceverà una richiesta significativa. L’Agenzia delle Entrate, infatti, non procede all’invio di cartelle se l’importo da recuperare è inferiore a 12 euro. Ma non è una garanzia assoluta: in alcuni casi, anche importi minimi sono stati notificati. La soglia di tolleranza può variare, specie se ci sono altri debiti in corso.
Conoscere queste dinamiche può aiutare ad affrontare la comunicazione dell’Agenzia con maggiore consapevolezza. Non si tratta di errori, né di accanimenti: è il risultato di un sistema che tratta il TFR come un reddito speciale, con una sua logica fiscale. Sapere di poter ricevere una richiesta anche dopo mesi permette di non restare spiazzati e, se necessario, di rateizzare o contestare in modo corretto.