Pensione donna: cambia tutto nel 2026, le previsioni non sono piacevoli

Se dovesse essere abolita Opzione Donna, quali possibilità avrebbero le contribuenti per andare in pensione in anticipo?

Le contribuenti italiane attendono con trepidazione di conoscere le sorti di Opzione Donna, lo strumento di flessibilità in uscita che consente di andare in pensione al raggiungimento dei 61 anni di età e di 35 anni di contribuzione.

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Pensione donna: cambia tutto nel 2026, le previsioni non sono piacevoli (trading.it)

Nonostante le modifiche restrittive introdotte dall’ultima Legge di Bilancio e la limitazione della platea delle beneficiarie, continua a essere una misura utilizzata da tantissime lavoratrici. La proroga anche per il prossimo anno, tuttavia, non è ancora certa, perché lo strumento è stato introdotto in via sperimentale solo fino al prossimo 31 dicembre e le voci su una possibile abolizione si fanno ogni settimana più insistenti.

Opzione Donna 2025: quali sono i presupposti per accedervi?

Attualmente, per accedere a Opzione Donna è necessario maturare i requisiti richiesti entro la fine dell’anno precedente. In pratica, chi intende usufruire della misura nel 2025 deve aver raggiunto le condizioni entro il 31 dicembre 2024. Se, invece, la misura verrà prorogata anche per il 2026, ci sarà tempo fino alla fine dell’anno per maturare i 61 anni di età e i 35 anni di contribuzione.

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Opzione Donna 2025: quali sono i presupposti per accedere? (trading.it)

Nel caso in cui, inoltre, verrà data la possibilità di continuare ad andare in pensione in anticipo con tale strumento, i presupposti rimarranno invariati, perché le ultime modifiche sono state introdotte per non gravare eccessivamente sulle finanze pubbliche. Le lavoratrici madri possono beneficiare di uno sconto sul requisito anagrafico e accedere al pensionamento a 60 anni se hanno un solo figlio oppure a 59 anni se hanno due o più figli. Ma la misura non è disponibile per tutte le donne; possono richiederla esclusivamente coloro che rientrano nelle seguenti categorie considerate “svantaggiate”:

  • invalide con una riduzione della capacità lavorativa pari almeno al 74%;
  • caregivers che prestano assistenza a un familiare disabile grave da almeno 6 mesi;
  • licenziate;
  • lavoratrici dipendenti di aziende per le quali sono attivi tavoli di crisi al Ministero del Made in Italy.

Il grosso svantaggio di Opzione Donna, tuttavia, rimane il sistema di calcolo dell’assegno pensionistico. L’importo è determinato interamente secondo il metodo contributivo puro e, dunque, si basa solo sui contributi realmente accreditati durante la carriera professionale, senza tenere conto delle retribuzioni percepite negli anni. La penalizzazione, in alcuni casi come quello delle donne che hanno iniziato a lavorare prima del 1995, può essere davvero elevata. Per l’erogazione della prima rata della pensione, infine, è prevista una finestra mobile di 7 mesi per le lavoratrici del settore privato e di 9 mesi per quelle del settore pubblico.

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