Nei prossimi anni moltissimi contribuenti potrebbero perdere 3 mesi di pensione. A chi toccherà tale sorte e come evitarla?
Dopo la crisi pandemica, l’ISTAT ha rilevato un aumento delle aspettative di vita; di conseguenza, da gennaio 2027 dovrebbe scattare l’innalzamento dell’età pensionabile di tre mesi, sia per la pensione di vecchiaia sia per quella anticipata ordinaria. Tale meccanismo viene attivato ogni biennio, per effetto della Legge Fornero.

Il Governo ha annunciato che farà il possibile per cristallizzare gli attuali requisiti e per rimandare l’adeguamento al 2029. Al momento, tuttavia, si tratta solo di ipotesi e bisognerà attendere la prossima Legge di Bilancio per scoprire se verranno reperite le risorse economiche necessarie per impedire le modifiche. Ma le conseguenze dell’eventuale incremento di tre mesi potrebbero essere rilevanti per determinate categorie di contribuenti.
3 mesi senza stipendio e pensione: quali contribuenti rischiano se l’età pensionabile dovesse aumentare?
Tra i contribuenti più perplessi per il futuro innalzamento dell’età pensionabile ci sono i percettori di Ape sociale. Si tratta di una “misura ponte”, che consente di uscire in anticipo dal mondo del lavoro e di godere di un sussidio, fino al raggiungimento dell’età pensionabile, quando si trasforma automaticamente in pensione di vecchiaia. Ma cosa succederebbe in caso di conferma dell’adeguamento? Ci sarebbe una proroga della prestazione per ulteriori tre mesi oppure per quel trimestre gli interessati rischierebbero di rimanere senza pensione?

La questione è di enorme rilevanza, se si pensa che i titolari di Ape sociale sono persone che versano in condizioni economiche di disagio. Non ci sono notizie certe al riguardo, quindi è possibile solo ragionare per ipotesi. È plausibile, tuttavia, che questa problematica interessi i prepensionamenti aziendali e non l’Ape sociale. Il pericolo dell’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni e 3 mesi è maggiore per quanto riguarda l’Isopensione o i contratti di espansione, ossia gli strumenti di pensionamento anticipato riconosciuti dall’INPS ma finanziati dalle aziende. Con il contratto di esodo, ai lavoratori viene assicurato un sussidio economico fino al compimento dei 67 anni di età. Se dovesse esserci una modifica dei requisiti per l’accesso alla pensione, l’azienda dovrebbe provvedere al pagamento di altri tre mesi di prepensionamento, non previsti; di conseguenza, non è detto che lo farà.
L’Ape sociale, al contrario, è corrisposta completamente dall’INPS ed è molto improbabile che l’Istituto di Previdenza “abbandoni” per tre mesi i titolari. È più verosimile il prolungamento della prestazione fino alla nuova età pensionabile, per poi procedere con la trasformazione automatica in pensione di vecchiaia.