Pensioni già liquidate nel mirino dell’INPS: chi rischia di perdere (o guadagnare)

Una pensione già concessa può davvero cambiare dopo anni? Sembra impossibile, ma è proprio quello che sta accadendo. Con una nuova circolare INPS, entra in gioco un condono contributivo che può rivedere importi già liquidati, aumentare o ridurre assegni e influire su TFS e TFR. Una misura che sembra tecnica ma tocca migliaia di ex dipendenti pubblici, e che solleva più di una domanda sul funzionamento della macchina previdenziale.

Una pensione calcolata anni fa non è necessariamente definitiva. Questo è il messaggio che arriva forte e chiaro dalla circolare INPS n. 118 del 2025. Nel silenzio, le amministrazioni pubbliche possono ora regolarizzare i contributi mai versati (o comunicati male) relativi al periodo fino al 31 dicembre 2004.

calcoli sulla pensione
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Senza pagare, ma solo inviando correttamente i dati. Una possibilità concessa dalla Legge di Bilancio 2024, con effetti potenzialmente importanti. Il punto è che queste rettifiche possono cambiare tutto: dai calcoli delle pensioni, ai trattamenti di fine servizio, fino agli importi già incassati.

Chi può essere coinvolto e perché la pensione può cambiare

Il condono contributivo riguarda solo le amministrazioni pubbliche. Per decenni, molte di loro hanno trasmesso dati incompleti o errati sui propri dipendenti, magari per leggerezza, ignoranza o semplicemente perché i sistemi erano diversi. Ora, c’è la possibilità di sistemare tutto. La novità sta nel fatto che l’INPS, ricevute le nuove comunicazioni, può modificare la pensione già erogata, ma solo se sono passati meno di tre anni dalla sua liquidazione.

Donna che fa i calcoli della pensione, salvadanaio e monete
Chi può essere coinvolto e perché la pensione può cambiare-trading.it

Se la pensione è recente (entro 3 anni), può essere aumentata e vengono riconosciuti anche eventuali arretrati. Ma se i nuovi dati mostrano che la pensione era più alta del dovuto, l’INPS può ricalcolarla al ribasso e chiedere alle amministrazioni il recupero delle somme pagate in eccesso. Al contrario, se sono passati più di tre anni, nessuna modifica è possibile per il pensionato. Tuttavia, l’ente pubblico può comunque essere chiamato a restituire quanto percepito in più dall’ex dipendente.

Prendiamo ad esempio una collaboratrice scolastica andata in pensione nel 2022. Se l’amministrazione invia ora i dati corretti e la sua pensione risulta sottostimata, l’INPS può rivalutarla e liquidare la differenza. Ma se fosse andata in pensione nel 2019, non ci sarebbe alcuna possibilità di modifica per lei, anche se il calcolo iniziale era sbagliato.

Effetti pratici su TFS, TFR e prestazioni in corso

Il condono ha riflessi anche su TFS e TFR. Se, con le nuove denunce, risultano variazioni nelle retribuzioni usate per calcolare queste somme, l’INPS può correggere gli importi, in più o in meno. In alcuni casi si tratta di conguagli da pagare, in altri di somme da restituire. Anche qui vale il limite dei tre anni: solo entro questo termine è possibile ricalcolare le prestazioni già liquidate al lavoratore.

Le conseguenze possono essere pesanti, soprattutto per le amministrazioni, che si ritrovano a dover coprire gli errori del passato. Se l’errore è di tipo materiale o di calcolo, l’INPS ha un anno di tempo per intervenire. Se invece emergono nuovi documenti, il termine scende a 60 giorni dalla loro acquisizione. Questo dimostra quanto il sistema previdenziale sia ancora vulnerabile alle lacune del passato.

A livello individuale, tutto dipende dalla tempistica del pensionamento. Alcuni potrebbero ritrovarsi con aumenti inattesi, altri con la conferma di un errore che però non può più essere corretto.

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