
La cd. perequazione rappresenta un meccanismo fondamentale per preservare il potere d’acquisto delle pensioni. Il sistema, tuttavia, non comporta aumenti uniformi per tutti i pensionati, ma le somme vengono incrementate a seconda dell’ammontare dell’assegno percepito. Ma chi saranno i fortunati a godere della perequazione piena già a partire dal prossimo gennaio?
Pensioni più alte nel 2026 grazie alla rivalutazione: come avviene l’adeguamento al tasso d’inflazione?

- 100%, per gli assegni fino a 4 volte il trattamento minimo INPS (2.466,68 euro al mese);
- 90% del tasso d’inflazione, per gli assegni tra 4 e 5 volte il trattamento minimo INPS (ossia di importo compreso tra 2.466,68 e 3083,35 euro al mese);
- 75% del tasso d’inflazione, per gli assegni superiori a 5 volte il trattamento minimo INPS, ossia 3083,35 euro al mese. Tale limitazione è necessaria per evitare un peso eccessivo sulle casse dello Stato e, dunque, serve a bilanciare gli effetti sulla spesa pubblica.
Modificare l’ammontare delle prestazionoi previdenziali e assistenziali sulla base dell’andamento dell’inflazione è fondamentale, perché esplica una funzione spesso sottovalutata: aiuta a preservare il potere d’acquisto dei contribuenti. Di norma, infatti, sono proprio i più anziani a essere penalizzati dall’aumento dei prezzi, ma uno stato di diritto non può ignorare questo importante aspetto. Anche se moderato (l’inflazione attuale all’1,7% è ben lontana, per fortuna, dai valori registrati negli anni della pandemia), l’incremento del costo della vita ha sempre delle conseguenze deleterie sulla popolazione. Senza un meccanismo di perequazione, i più anziani sarebbero destinati a soccombere e a fare i conti con rinunce sulla spesa quotidiana. Prevedere delle fasce progressive di adeguamento sulla base dell’ammontare delle prestazioni, inoltre, è il giusto compromesso tra la tutela di coloro che hanno un reddito inferiore e la necessità di non gravare sulla spesa pubblica.