Non tutti sanno che perdere il lavoro può anche essere un passaggio verso la pensione, ma solo se si conoscono le regole giuste. Dopo la NASpI, per molti si apre un vuoto contributivo che può bloccare l’accesso a misure come l’Ape Sociale o la Quota 41. Eppure esiste una strada alternativa che permette di non restare fermi, anche senza un nuovo impiego. Una possibilità legittima, prevista dall’INPS, ma poco conosciuta. Una scelta che, per chi è vicino all’età pensionabile, può cambiare il corso della propria vita. Basta sapere quando e come agire, senza perdere tempo prezioso.
Molti lavoratori arrivano alla fine della NASpI con la speranza di poter andare in pensione subito dopo, contando sui contributi figurativi maturati durante il periodo di disoccupazione. Ma non sempre è così semplice. Due anni di NASpI equivalgono sì a due anni di contributi, ma se al termine di questi non si raggiungono i requisiti richiesti, si resta bloccati. E qui entra in gioco un’opzione che può fare la differenza: la contribuzione volontaria.

C’è chi non ne ha mai sentito parlare, e chi la considera complicata. In realtà, è una soluzione concreta che ha già aiutato moltissime persone. Un’alternativa praticabile che consente di colmare i mesi o gli anni che separano dalla pensione. L’INPS riconosce questa possibilità, ma ci sono regole da rispettare e tempi precisi da considerare.
Per chi termina la NASpI senza i contributi necessari esiste una possibilità poco conosciuta ma riconosciuta dalla legge
Chi esce dalla NASpI e non ha ancora raggiunto i contributi necessari per l’Ape Sociale o la Quota 41 si trova spesso in difficoltà. Tornare al lavoro non è sempre possibile, soprattutto per chi ha superato i sessant’anni. Eppure, se si hanno almeno cinque anni di contributi, di cui tre nei cinque anni precedenti la richiesta, è possibile accedere alla contribuzione volontaria.

Serve prima una domanda all’INPS per ottenere l’autorizzazione. Una volta ricevuto l’ok, si possono iniziare i versamenti. Questi non si fanno tutti in una volta: il sistema prevede pagamenti trimestrali, ognuno valido per tre mesi di contributi. Quindi, per aggiungere un anno, bisogna completare quattro trimestri.
Chi, ad esempio, esce dalla NASpI con 40 anni di contributi e ha iniziato a lavorare prima dei 19 anni, può colmare l’anno mancante e accedere alla Quota 41 con un solo anno di versamenti volontari. Lo stesso vale per chi punta all’Ape Sociale e si trova a un passo dai 30 o 36 anni richiesti.
Versare contributi volontari dopo la NASpI è una scelta che può portare alla pensione anche senza un nuovo impiego
La contribuzione volontaria rappresenta una scelta strategica per chi non ha alternative lavorative. I costi non sono bassi, ma rispetto ai benefici sono sostenibili. In media, si parla di circa 3.000 euro l’anno, cifra che può variare a seconda del reddito percepito negli ultimi anni di attività. Ma se questo investimento consente di ottenere la pensione, per molti è un prezzo accettabile.
È importante sapere che non si possono sovrapporre i contributi volontari a quelli figurativi della NASpI. Si può iniziare a versare solo dopo che l’indennità è terminata. Anche per questo è fondamentale fare i conti con precisione e pianificare per tempo. Un patronato può aiutare, ma è possibile anche fare tutto tramite il portale dell’INPS.
Questa opzione è regolamentata, trasparente e riconosciuta dalla legge. Non è una scorciatoia, ma un’opportunità per chi ha perso il lavoro e non vuole attendere in silenzio il raggiungimento dell’età pensionabile. Una scelta concreta per non restare in sospeso, per non vedere vanificati anni di lavoro. E per riprendere in mano il proprio futuro, anche quando tutto sembra fermo.