Un tempo erano considerati il rifugio per eccellenza dei risparmiatori prudenti. Oggi i BTP di lunga durata dividono esperti e investitori. Negli anni hanno mostrato rendimenti generosi, ma anche oscillazioni impreviste. L’attrattiva delle cedole può nascondere insidie poco visibili a uno sguardo superficiale.
In un contesto economico che cambia rapidamente, le certezze del passato possono non bastare più. I tassi oggi non sono più quelli vicini allo zero del 2019, ma nemmeno quelli a doppia cifra degli anni ’90. I mercati sembrano voler prendere tempo, ma proprio questa attesa può diventare insidiosa.

Soprattutto per chi sceglie strumenti con scadenze lontane.
Una decisione all’apparenza semplice può trasformarsi in un impegno pesante da gestire. Il valore di mercato, infatti, può variare anche bruscamente, indipendentemente dalla regolarità delle cedole. E se i tassi dovessero risalire, i BTP lunghi rischiano di soffrire più di altri strumenti.
Negli ultimi trent’anni, i BTP hanno vissuto fasi molto diverse tra loro. Negli anni ’90 offrivano rendimenti a doppia cifra, ben oltre il 12%, ma anche un’inflazione elevata. Nel 2020, i decennali italiani rendevano meno dello 0,6%, spinti da tassi ai minimi e politiche monetarie ultra-espansive. Oggi il contesto è più stabile: i rendimenti si aggirano attorno al 3,5%, mentre la BCE ha fissato il tasso sui depositi al 2%. Le prospettive indicano una fase di equilibrio, ma l’incertezza resta. In questo quadro, detenere BTP superiori ai 10 anni implica più rischi di quanto si possa immaginare.
La durata può diventare un’arma a doppio taglio
I titoli a lunga scadenza sono molto più sensibili alle variazioni dei tassi di interesse. La cosiddetta duration, che misura proprio questa sensibilità, aumenta all’aumentare della scadenza. Un BTP decennale ha una duration intorno a 8: ciò significa che se i tassi di mercato salgono dell’1%, il valore del titolo può scendere dell’8%. Ma per un titolo con scadenza nel 2053 o 2054, la duration può arrivare anche a 15 o 16. Un simile aumento dei tassi può causare perdite di mercato fino al 15-16%.

Non si tratta di ipotesi teoriche. Quando la BCE ha avviato il rialzo dei tassi nel 2022, molti BTP lunghi hanno subito cali di prezzo anche superiori al 30%. Chi li aveva acquistati poco prima si è trovato con perdite rilevanti sul valore di mercato, pur continuando a ricevere le cedole. La cedola, infatti, è fissa, ma il prezzo del titolo può variare molto. Non cambia la tassazione, che resta al 12,5%. Ma ciò che può variare, e anche molto, è il capitale investito.
Le cedole alte non bastano a coprire l’incertezza
Chi punta su BTP ultradecennali spesso lo fa attratto da una cedola più alta. Tuttavia, l’aumento dei tassi può erodere rapidamente il vantaggio iniziale. Un caso concreto: i BTP 2067, emessi a oltre 130, sono oggi scambiati sotto quota 80. Un risparmiatore che avesse bisogno di liquidare l’investimento oggi affronterebbe una perdita netta, nonostante le cedole ricevute.
Molte banche o istituzioni, nelle loro simulazioni di risparmio, sottolineano l’importanza di valutare la durata degli strumenti in base alle esigenze personali. Un titolo trentennale può essere utile per chi non ha bisogno di liquidità nel breve periodo, ma può diventare un problema in caso contrario. La vera domanda non è se questi titoli siano giusti o sbagliati, ma se siano adatti all’orizzonte temporale e alla tolleranza al rischio del singolo investitore.
Il fascino della cedola regolare può trarre in inganno. La realtà è che il mercato dei BTP a lunga scadenza è molto più instabile di quanto sembri. In tempi di apparente calma, è proprio la distanza dalla scadenza a rappresentare il principale fattore di rischio.