Perché i mercati “impazziscono” a fine mese? La risposta potrebbe sorprenderti

Perché certi momenti dell’anno sembrano regalare più soddisfazioni a chi investe? Cosa si cela dietro alcuni movimenti di mercato che sembrano ripetersi con precisione quasi matematica? L’effetto fine/inizio mese è uno di quei fenomeni che incuriosiscono perché si ripresentano ciclicamente, con caratteristiche troppo regolari per essere ignorate.

È davvero possibile che solo pochi giorni ogni mese possano fare la differenza nei portafogli? La risposta, come spesso accade in finanza, non è semplice ma merita di essere esplorata con attenzione.

Persona che analizza un grafico
Perché i mercati “impazziscono” a fine mese? La risposta potrebbe sorprenderti-trading.it

Ogni investitore ha vissuto almeno una volta la sensazione che il mercato segua un ritmo nascosto, fatto di picchi e discese che non sembrano del tutto casuali. Alcune settimane appaiono più movimentate, altre quasi piatte, ma c’è una fascia temporale che continua a mostrare comportamenti particolari: i giorni che precedono la fine del mese e quelli immediatamente successivi. Chi osserva con occhio attento noterà che spesso, tra il 31 e il 2 del mese, si registrano movimenti più forti, accompagnati da un incremento nei volumi di scambio. E non è solo una suggestione: la finanza comportamentale e i dati storici sembrano confermare che qualcosa, in quei giorni, accade davvero.

L’effetto fine/inizio mese: una regolarità sorprendente

Nel corso di decenni di osservazioni, l’effetto fine/inizio mese è stato documentato con costanza da diversi studi accademici, in particolare sugli indici azionari più rappresentativi come l’S&P 500, l’Euro Stoxx 50 e il FTSE MIB. I dati mostrano che i rendimenti più significativi del mese si concentrano in una finestra temporale ristretta, che va da circa quattro giorni prima della fine del mese fino a tre giorni dopo l’inizio del successivo. In pratica, sette giorni su trenta che sembrano racchiudere l’essenza dei movimenti mensili.

Analisi dati
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Le motivazioni sono diverse, ma tutte riconducibili a dinamiche ricorrenti. Innanzitutto, i flussi di liquidità in entrata: stipendi, dividendi, contributi ai fondi pensione che affluiscono verso la fine del mese, pronti a essere reinvestiti. I gestori dei grandi fondi, a loro volta, ribilanciano i portafogli proprio in questi giorni, correggendo le esposizioni sulla base delle performance recenti. Tutto questo alimenta la domanda di titoli, con un effetto visibile sui prezzi.

Non meno rilevanti sono gli aspetti psicologici: l’inizio di un nuovo mese stimola una certa fiducia, quasi un senso di ripartenza. Anche questo contribuisce ad aumentare la propensione al rischio. E così, la combinazione di fattori tecnici e comportamentali genera un movimento ciclico che, pur non essendo garantito, si presenta con una sorprendente regolarità.

Opportunità o illusione? Il dibattito resta aperto

L’interesse attorno all’effetto fine/inizio mese ha portato molti investitori a costruire strategie basate su questo schema. Alcuni entrano sul mercato poco prima della fine del mese per approfittare della possibile ondata di acquisti nei giorni successivi. Altri, più cauti, preferiscono attendere un eventuale ritracciamento, che spesso si manifesta dopo i primi giorni di rialzo, per posizionarsi a prezzi più convenienti.

È proprio questa seconda fase, la lieve discesa che si registra di frequente tra il 3 e il 7 del mese, a rappresentare un altro elemento ricorrente. Gli investitori che hanno guadagnato nei primi giorni vendono per incassare i profitti, e il mercato, privo di nuovi stimoli, rallenta. In questo momento nasce il cosiddetto “minimo mensile tecnico”, una specie di pausa fisiologica prima che nuovi eventi,  macroeconomici o aziendali, riportino slancio.

Tuttavia, anche se l’anomalia sembra robusta, non è immune da cambiamenti. Le dinamiche di mercato evolvono, e strategie sempre più sofisticate cercano di sfruttare queste regolarità, a volte indebolendone l’effetto. La presenza di algoritmi e fondi quantitativi, ad esempio, tende a ridurre l’impatto visibile delle anomalie una volta che diventano note a tutti.

Questo non toglie valore all’osservazione. Anzi, invita a riflettere: quanto vale davvero una finestra temporale che, mese dopo mese, mostra segnali così evidenti? E soprattutto, quanto può essere utile integrarla – senza forzature – in una strategia più ampia e coerente?

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