Ogni pensionato e pensionata, secondo l’ordinamento italiano, deve avere un reddito minimo a prescindere dai contributi versati.
Per rispettare questa regola interviene l’integrazione della pensione minima, una misura sociale prevista per garantire ai pensionati una vita dignitosa, anche se le cifre che andremo a vedere non sono così incoraggianti.

Cerchiamo di capire meglio insieme in cosa consiste l’integrazione e quali sono le normative che la regolano compresi i requisiti richiesti. L’integrazione al minimo si applica quando l’importo della pensione è inferiore al trattamento minimo stabilito ogni anno dallo Stato. Se la pensione spettante risulta più bassa della soglia stabilita, sarà l’INPS a provvedere a integrarla fino a raggiungere l’importo minimo previsto dalla legge. La misura è voluta espressamente affinché nessun pensionato debba vivere in stato di povertà. La soglia minima, per lo Stato risulta essere essenziale. Soggettivo.
Il valore della somma minima viene aggiornato ogni anno sulla base dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo, per tenere conto dell’inflazione e dell’aumento del costo della vita.
Integrazione pensione minima contributiva: i requisiti
Soggettivo perché come andremo a leggere tra poco, le somme stabilite per i pensionati difficilmente saranno al passo con il costo della vita, specie se si tiene anche conto di affitti e bollette domestiche. Ma questa è un’altra storia da approfondire.

Per il 2025, il trattamento minimo è stato fissato a 603,40 euro mensili per tredici mensilità, come specificato nella circolare INPS n. 23 del 28 gennaio 2025. A questo importo si aggiunge un incremento del 2,2%, stabilito dalla Legge di Bilancio 2025, che porta l’assegno minimo a 616,67 euro al mese. Ma attenzione, l’integrazione al minimo non viene riconosciuta automaticamente a tutti i pensionati, ma solo a coloro che rispettano determinati requisiti. Occorre essere titolari di pensioni dirette come quella di vecchiaia, anticipata o invalidità, oppure indirette come quella di reversibilità e superstiti. Bisogna poi avere maturato il diritto alla pensione con il sistema retributivo o misto, e dunque avere iniziato a versare contributi prima del 1° gennaio 1996. Serve poi la residenza in Italia.
E poi ci sono gli esclusi, come i titolari di pensioni calcolate interamente con il sistema contributivo, ovvero coloro che hanno versato il primo contributo dopo il 31 dicembre 1995. Il limite di reddito per ottenere l’integrazione al minimo della pensione viene stabilito annualmente e varia in base alla situazione familiare del pensionato e alla data di decorrenza della pensione. Per i pensionati non sposati, il limite di reddito personale per avere diritto all’integrazione piena è pari a 7.844,20 euro annui. Se il reddito personale supera questa soglia, ma resta inferiore a 15.688,40 euro annui, spetta comunque un’integrazione parziale, calcolata in modo da non oltrepassare l’importo del trattamento minimo.