Una recente sentenza ha scosso il mondo dei Buoni Fruttiferi Postali. Un dettaglio tecnico si è trasformato in un nodo legale con ricadute concrete per migliaia di risparmiatori. Il punto centrale? Quando va applicata la ritenuta fiscale sugli interessi maturati. Non si parla di cavilli, ma di euro, e spesso di cifre tutt’altro che trascurabili. Se la tassazione è stata fatta in anticipo, come in molti casi, c’è il rischio concreto che parte del guadagno sia andata persa. E ora, qualcosa potrebbe cambiare davvero.
I Buoni Fruttiferi Postali, considerati da sempre un rifugio sicuro per chi vuole investire senza sorprese, tornano al centro dell’attenzione per una questione legata alla tassazione degli interessi. Molti li acquistano pensando a un rendimento stabile, garantito, con regole chiare. Ma quando anche solo una di queste regole viene interpretata in modo diverso da quanto previsto, le conseguenze si fanno sentire.
Il problema è emerso in tribunale, e riguarda una prassi seguita da Poste Italiane: l’applicazione della ritenuta del 12,5% anno per anno, invece che alla fine del periodo di maturazione. Una scelta che sembra piccola, ma che può incidere sul rendimento totale in modo significativo. E ora che alcune sentenze danno ragione ai risparmiatori, in tanti si chiedono se anche i propri buoni siano stati tassati correttamente.
Secondo il Decreto Legislativo 239/1996, la ritenuta sugli interessi dei BFP va applicata solo al momento del rimborso. Invece, in molti casi, è stata trattenuta ogni anno, andando a ridurre progressivamente la base sulla quale calcolare gli interessi futuri. Questo ha un impatto diretto sulla capitalizzazione composta, cioè sull’effetto “interesse su interesse”.
Facciamo un esempio pratico: con un BFP da 10.000 euro al 1,5% annuo per dieci anni, senza tassazione anticipata si arriva a circa 11.605 euro lordi. Se invece ogni anno viene detratto il 12,5%, il montante finale può scendere anche sotto gli 11.400 euro. La differenza, apparentemente contenuta, può diventare molto più significativa su durate più lunghe o importi maggiori.
La recente decisione del Tribunale di Marsala, che ha condannato Poste Italiane a restituire somme indebitamente trattenute a due risparmiatrici, conferma che l’imposta va calcolata solo alla fine. E questo apre la porta a possibili richieste da parte di altri risparmiatori.
Chi ha già rimborsato i propri buoni può controllare se è stato applicato un sistema di tassazione anticipata. Per farlo serve recuperare il buono originale, i prospetti dell’epoca e i conteggi di rimborso. Una volta in possesso dei dati, è possibile confrontare quanto si sarebbe ottenuto con la tassazione solo alla fine, e valutare eventuali differenze.
Anche chi possiede ancora Buoni Fruttiferi Postali in corso può verificare il metodo con cui sono calcolati gli interessi. Se si scopre che è stata seguita una modalità scorretta, si può presentare reclamo a Poste Italiane. In caso di risposta negativa, è possibile rivolgersi a un avvocato o a un’associazione di consumatori.
In questo scenario, ogni risparmiatore ha il diritto di chiedere trasparenza. I BFP rappresentano una scelta di fiducia, e proprio per questo devono essere gestiti nel pieno rispetto delle norme. Il tempo, in questi casi, non è solo un alleato degli interessi, ma anche della consapevolezza.
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