Una considerazione che è sotto gli occhi di tutti è la durata della guerra in Ucraina; impossibile da sostenere ancora per molto. Questo inverno sarà decisivo per una svolta.
Nel 2022 i cittadini europei hanno dovuto pagare bollette raddoppiate di luce e gas; la differenza rispetto allo scorso anno non ha paragoni per la volatilità dei prezzi.
I paesi più dipendenti dal gas russo, Italia e Germania hanno apposto misure preventive per l’inverno e sopperito ai bisogni economici di famiglie e aziende. Gli stoccaggi sono pieni per quanto riguarda i due Paesi rispettivamente al 93 e 99%.
Se il prossimo anno l’Europa dovrà fare i conti con l’interruzione quasi tutte le forniture russe questo significherà anche il punto estremo del conflitto tutt’ora in corso. Il clima di sostegno internazionale può lenire con nuovi accordi nel frattempo, il fabbisogno di gas e petrolio.
I prossimi mesi saranno i più difficili; mentre la domanda è destinata a raggiungere il picco, Secondo Bloomberg, le temperature fredde sono pronte a mettere a dura prova gli approvvigionamenti energetici europei: colpiti da un forte calo dei flussi di gas russo e da prolungate interruzioni degli impianti nucleari in particolari francesi.
Il prezzo del gas quota intorno ai 130 euro/MWh poco più alto rispetto ai 100 euro di un anno fa. Il petrolio ha invece preso una decisa traiettoria ribassista a causa delle tensioni politiche in Cina innescate dalla reprimenda per evitare a tutti i costi i contagi di Covid.
Per quanto riguarda il petrolio, quello russo è sceso a 64 dollari. Si tratta di un calo del 16% da inizio anno che arriva a pochi giorni dall’embargo europeo che scatterà il 5 dicembre. La decisione non sembra avere avuto nessuna influenza rialzista sulle quotazioni; il motivo non rende giustizia alla serietà delle intenzioni dell’Ue. Per applicarvi le sanzioni, infatti, il petrolio greggio deve provenire almeno per il 51% da aziende del paese.
L’embargo europeo si unisce a quello di Usa, Canada, Gran Bretagna e Australia. Quali effetti può avere sul prezzo del carburante? L’Italia non sembra più esposta degli altri Paesi europei, anzi forse grazie agli accordi in Africa di Eni ricava diversi vantaggi strategici. Il prezzo dei combustibili fossili ha contribuito per un terzo al tasso di inflazione registrato a primavera di quest’anno.
In Francia, ad esempio, ad agosto i prezzi energetici sono cresciuti del 37% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. L’incidenza dei combustibili fossili sull’inflazione arriva nel Paese a quasi il 40%.
Qualcosa di analogo accade anche in Spagna; qui i combustibili fossili hanno pesato circa un quarto sull’inflazione registrata questa estate. L’incremento dei costi dell’energia pesa più che in Italia sui redditi più bassi; se nel nostro Paese questi hanno speso il 50% in più quest’anno lo stesso dato arriva al 70% in Spagna.
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