Quando la guerra fa salire le azioni: verità scomode dai mercati e cosa aspettarsi dopo l’attacco a Teheran

Le sirene hanno squarciato il silenzio di Teheran nella notte. Un attacco devastante ha fatto tremare il Medio Oriente e, con esso, l’economia globale. I segnali sono chiari: il petrolio vola, le borse crollano, l’oro torna protagonista.

In un mondo dove il prezzo di un missile si riflette nel valore di un’azione, ogni bomba lanciata scuote i mercati. Ma c’è molto di più. C’è un’intera storia fatta di crisi, reazioni a catena e scommesse silenziose. E oggi si sta scrivendo un nuovo capitolo.

Persona preoccupoata che guarda un grafico dei mercati in discesa
8 investimenti che non tremano quando tutto crolla sui mercati-trading.it

Il 13 giugno 2025, Israele ha colpito duramente l’Iran con un attacco aereo mirato, ribattezzato “Operazione Rising Lion”. I bersagli non erano casuali: impianti nucleari, basi militari e centri di comando nei pressi di Teheran e Natanz. Le conseguenze sono state immediate. Il petrolio è salito oltre i 100 dollari al barile. Le borse asiatiche hanno registrato perdite superiori al 2%. Anche in Europa e negli Stati Uniti, i listini hanno aperto in rosso. L’oro ha guadagnato rapidamente terreno. L’Iran ha risposto lanciando oltre 100 droni verso Israele, alimentando il timore di un’escalation. E mentre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si riuniva d’urgenza, gli investitori si rifugiavano nei beni considerati più sicuri.

Il quadro è teso, in evoluzione, e richiama alla memoria altri momenti in cui il conflitto ha influenzato l’andamento dei mercati. Perché ogni guerra ha effetti che vanno ben oltre il campo di battaglia.

Quando la guerra scuote davvero i mercati

La reazione dei mercati all’attacco israeliano ricalca un copione già visto. Nei momenti di grande incertezza, il primo impulso è la paura. Le borse calano, gli investitori abbandonano titoli rischiosi e si rifugiano nell’oro, nei Treasury americani o in valute rifugio come il franco svizzero. Ma non è sempre il panico a dominare. Se la guerra si preannuncia breve o contenuta, la finanza cerca rapidamente un nuovo equilibrio.

Persona che naviga sul cellulare e grafico dei mercati
Quando la guerra scuote davvero i mercati-trading.it

Durante la Prima Guerra Mondiale, i mercati chiusero nel caos iniziale, ma poi gli Stati Uniti sfruttarono l’occasione per rilanciare la produzione. Nella Seconda Guerra Mondiale, l’economia americana uscì rafforzata dall’ingresso nel conflitto. Al contrario, conflitti lunghi e logoranti come il Vietnam o la recente guerra in Ucraina nel 2022 generarono inflazione, sfiducia e un impatto negativo prolungato.

Con l’attacco all’Iran, la tensione sul prezzo del petrolio rischia di avere effetti simili. Già oggi si parla di rischio stagflazione: crescita in stallo e inflazione alta. Elementi che i mercati odiano. Ma la storia insegna anche che alcuni settori, in tempi di guerra, tendono a performare meglio: difesa, energia, sicurezza informatica. Il rimbalzo di questi comparti è visibile già nelle ore successive all’attacco.

Oltre la crisi: chi si muove prima nei momenti di guerra

I mercati azionari non si limitano a subire gli eventi. Reagiscono, anticipano, spesso trasformano la crisi in un’occasione. È una dinamica cinica, ma concreta. Dopo la prima Guerra del Golfo, ad esempio, i listini si ripresero non appena divenne chiaro che il conflitto sarebbe stato breve. Lo stesso avvenne nel 2003 con l’invasione dell’Iraq.

Oggi, a poche ore dal raid israeliano, si vedono già segnali simili: aumento dei titoli della difesa, crescita per le compagnie energetiche, rotazione di capitali verso i porti e le infrastrutture logistiche. Gli investitori istituzionali, quelli che muovono i grandi flussi di denaro, non aspettano la pace per riposizionarsi.

Questa capacità di adattamento dei mercati non è una novità. È una costante. Anche se a volte sembra che la finanza si muova in una realtà parallela, la verità è che risponde in tempo reale alle notizie, agli umori, alle aspettative. Oggi, con il rischio di un conflitto allargato tra Iran, Israele e altri attori regionali, l’incertezza resta alta. Eppure, la macchina economica non si ferma.

L’unica vera domanda che resta è: quanto durerà questa fase di instabilità? Perché se la guerra si prolunga, gli effetti non saranno solo nei numeri delle borse, ma nel portafoglio di milioni di persone, anche lontano dal Medio Oriente.

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