Cosa succede quando i mercati iniziano a mandare segnali che sembrano profezie? Quando i numeri non seguono più la logica e sotto la superficie tutto scricchiola, esiste un indicatore che molti osservano con apprensione: l’ Hindenburg Omen. Il nome fa pensare a qualcosa di catastrofico, e non è un caso.
Nel caos calmo dei mercati, a volte si manifestano crepe quasi invisibili. Prezzi che salgono e scendono insieme, indici che sorridono in superficie ma nascondono tensioni sotto. L’ Hindenburg Omen nasce per individuare proprio quei momenti in cui la normalità sembra una maschera. Non sempre ci prende, ma quando lo fa, lascia il segno.

A volte basta poco per innescare un’ondata di vendite: una notizia improvvisa, un tweet sbagliato, una crisi che serpeggia da mesi. In questi contesti incerti, si guarda agli indicatori che riescono a cogliere il nervosismo sotto traccia. L’Hindenburg Omen è uno di questi. Il suo nome è evocativo e le sue regole ferree, nate per identificare segnali di discontinuità in apparenza contraddittori.
Cosa misura davvero l’Hindenburg Omen
Quando si parla di Hindenburg Omen, si entra in un territorio tecnico ma affascinante. Questo indicatore nasce per captare momenti in cui il mercato sembra confuso. La sua attivazione avviene solo quando si verificano insieme alcune condizioni: un numero elevato di titoli che toccano contemporaneamente nuovi massimi e nuovi minimi a 52 settimane, un indice principale in trend rialzista e un oscillatore McClellan negativo. Un insieme che, preso nel suo complesso, disegna uno scenario di fragilità mascherata.

Ciò che rende interessante l’Omen non è la sua capacità di dare una data certa a un crollo, ma quella di accendere una luce d’allarme quando il mercato, pur crescendo, comincia a mostrare segni di squilibrio. È una sorta di “febbre” che segnala che qualcosa potrebbe non andare, anche se a prima vista tutto sembra sotto controllo.
Il segnale rimane valido per 30 giorni e, durante questo periodo, eventuali nuove attivazioni non fanno che rafforzare il messaggio iniziale. Tuttavia, l’efficacia dell’indicatore è oggetto di discussione da anni: ha funzionato in alcune occasioni storiche, ma ha anche generato falsi allarmi.
Tra segnali precisi e falsi positivi: un indicatore che divide
Guardando ai fatti, il Hindenburg Omen ha dimostrato un certo fiuto in eventi chiave. È stato osservato prima del flash crash del 2015, in piena incertezza post-2008, e nei mesi che hanno preceduto la crisi da COVID-19 nel 2020. In questi casi, il segnale ha anticipato fasi di forte volatilità o veri e propri crolli.
Ma ci sono anche annate come il 2013, il 2017 o il 2021, in cui l’indicatore si è attivato più volte senza che nulla accadesse. Periodi tranquilli, anzi, a volte euforici per i mercati, che hanno reso l’Omen simile a una sirena difettosa.
Il dibattito resta aperto. C’è chi lo considera un utile avvertimento da integrare con altri strumenti e chi, invece, lo accusa di generare ansia senza fondamento. In fondo, è un po’ come avere un barometro che segnala tempesta quando il cielo è sereno: inutile? Forse. Ma ignorarlo del tutto potrebbe essere un rischio.