Quando la fiducia svanisce: perché la prossima crisi dei mercati potrebbe essere devastante

Cosa accadrebbe se, da un giorno all’altro, qualcosa di totalmente inaspettato facesse vacillare le certezze dei mercati? In un mondo dove tutto sembra sotto controllo, l’imprevisto resta la variabile più temuta. L’allarme lanciato da alcune delle più grandi banche d’affari non passa inosservato.

Il rischio di un ribasso dei mercati finanziari superiore al 20% è oggi considerato concreto. Quando la finanza globale inizia a parlare apertamente di “cigno nero”, è il momento di prestare attenzione.

Freccia verso il basso e prezzi azionari
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Negli ultimi mesi si è avvertita una tensione crescente nei corridoi della finanza internazionale. Non si tratta più solo di oscillazioni quotidiane o di fisiologiche correzioni di mercato. Le stime che circolano fanno riflettere: Goldman Sachs parla di un 45% di possibilità di recessione negli Stati Uniti entro un anno. JPMorgan spinge oltre, indicando un aumento della probabilità di crisi economica dal 40% al 60%, complice l’inasprimento delle politiche commerciali. Non si parla più di scenari improbabili, ma di rischi con basi ben concrete, sostenuti da dati, valutazioni macroeconomiche e segnali geopolitici.

Le crepe nel sistema iniziano a farsi vedere

Uno degli elementi che preoccupa maggiormente gli analisti è il ritorno delle tensioni commerciali. Le nuove tariffe imposte dall’amministrazione Trump potrebbero avere effetti a catena, simili a quelli già osservati nel 2018. Questa volta, però, il contesto è ancora più delicato. L’indice S&P 500, uno dei barometri della salute finanziaria americana, è visto in potenziale discesa fino a quota 4.600. Un calo significativo, che potrebbe trasformarsi in qualcosa di più serio se accompagnato da altri fattori destabilizzanti.

Persona preoccupata
Le crepe nel sistema iniziano a farsi vedere-trading.it

E qui entra in gioco la tecnologia. Secondo BNP Paribas, la narrativa ottimistica sull’intelligenza artificiale potrebbe subire un brusco risveglio. Se le aspettative non dovessero concretizzarsi, i titoli delle cosiddette “Magnificent 7”,  che rappresentano circa un terzo dell’intero S&P 500, rischiano un crollo fino al 40%. Un colpo simile scuoterebbe l’intero mercato globale.

A tutto questo si aggiungono tensioni più sottili, ma altrettanto pericolose. La possibilità che Trump, se rieletto, possa rimuovere il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, solleva interrogativi seri sull’indipendenza della banca centrale. Una mossa del genere potrebbe minare la fiducia degli investitori, spingendo al ribasso il dollaro e amplificando l’incertezza.

Quando i segnali si moltiplicano, ignorarli diventa un rischio

L’equilibrio è sempre più fragile anche sul fronte del debito sovrano. I rendimenti dei Treasury americani potrebbero salire bruscamente, innescando una reazione simile al cosiddetto “momento Liz Truss” visto nel Regno Unito. Una crisi di fiducia nei confronti del debito pubblico americano avrebbe effetti devastanti a livello globale.

In parallelo, le tensioni internazionali non accennano a diminuire. Il Medio Oriente, l’Ucraina, Taiwan e il rallentamento dell’economia cinese creano un mix pericoloso. Moody’s Analytics valuta oltre il 50% di possibilità per una recessione globale, mentre Apollo Global Management arriva a stimare il 90% di probabilità per una recessione americana, con impatti severi su piccole imprese e occupazione.

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