Una sigaretta accesa sul balcone. Un gesto apparentemente banale che può scatenare discussioni accese tra vicini. Quando l’odore si infila tra le finestre socchiuse, invade il salotto e si attacca ai tessuti, l’irritazione sale. Chi subisce il fastidio si sente impotente, ma non sempre è così. Esiste un confine, anche legale, tra la libertà di fumare e il diritto a respirare aria pulita. E proprio in quel confine si nasconde la chiave per affrontare questo problema senza soccombere al fumo del vicino.
Una mattina di primavera, il sole entra timido dalla finestra aperta. Una brezza leggera rinfresca la stanza. Poi, all’improvviso, l’odore pungente del fumo di sigaretta. Un odore che copre ogni altra fragranza, che si insinua nei vestiti, nei cuscini, persino nei pensieri.

Molti si ritrovano a chiudere le finestre o ad accendere il ventilatore per mandarlo via. Ma quando il problema si ripete ogni giorno, la pazienza inizia a cedere. E ci si chiede se davvero sia tutto lecito. La questione non è banale, perché coinvolge due diritti fondamentali: quello di usare liberamente la propria casa e quello di vivere senza subire immissioni moleste.
Il fumo sul balcone non è sempre un diritto assoluto
Fumare sul proprio balcone è generalmente permesso. Tuttavia, quando il fumo del vicino invade lo spazio di altri, si entra nel territorio delle cosiddette “immissioni”. Odori, rumori e vibrazioni sono regolati dall’art. 844 del Codice Civile, che vieta le propagazioni moleste oltre la normale tollerabilità.

Questo concetto, però, non ha confini rigidi. Dipende da molti fattori: la frequenza, l’intensità, le caratteristiche dell’ambiente e la presenza di persone particolarmente sensibili, come bambini o soggetti fragili. Quando il disagio è costante e significativo, il fumo di sigaretta può diventare illegittimo.
In ambito condominiale, un regolamento assembleare non può vietare di fumare sul proprio balcone. Diverso è se esiste un regolamento contrattuale, approvato all’unanimità o allegato agli atti di compravendita. In quel caso, possono esserci limiti più rigidi, purché non ledano diritti fondamentali.
Cosa può fare chi subisce il fumo del vicino
Chi non sopporta più l’odore del fumo del condomino può iniziare con un dialogo diretto. Spiegare il problema con cortesia, magari suggerendo soluzioni come fumare in un’altra zona del balcone o in orari meno fastidiosi, può già cambiare le cose.
Se il confronto non funziona, si può inviare una diffida scritta, un avviso formale che invita a cessare il comportamento. È un passo intermedio che spesso smuove situazioni stagnanti.
Quando neanche questo basta, si può ricorrere al giudice. Il Tribunale o il Giudice di Pace possono ordinare l’inibizione dell’attività molesta e anche un risarcimento, se il danno è provato. Ma l’onere della prova spetta a chi denuncia. Bisogna dimostrare che il fumo sul balcone ha superato i limiti della normale tollerabilità.
Il punto è che la libertà individuale non dovrebbe mai trasformarsi in un disagio per gli altri. A volte, serve poco per convivere meglio: attenzione, rispetto e un pizzico di empatia.