Stipendi che sembrano modesti ma che possono nascondere vantaggi inattesi, numeri che raccontano storie diverse da Nord a Sud, e una realtà lavorativa fatta di turni, contratti part-time e aspettative crescenti. La figura della cassiera all’interno dei supermercati discount come Lidl o Eurospin rappresenta un tassello fondamentale nell’economia quotidiana italiana, ma quanto guadagna davvero? E uomini e donne vengono pagati allo stesso modo per lo stesso lavoro? Ecco tutto ciò che serve sapere con esempi pratici e dati attendibili per guardare oltre le semplici cifre.
Tra la frenesia delle corsie e le file in cassa, il lavoro da cassiera viene spesso sottovalutato, ma nasconde dinamiche contrattuali complesse. Lidl, catena tedesca che ha rivoluzionato il settore della grande distribuzione organizzata, ha oggi più di 12.000 punti vendita nel mondo.
In Italia, è diventato sinonimo di risparmio e convenienza. Ma dietro ogni scontrino battuto, c’è una retribuzione che varia non solo in base all’esperienza, ma anche alla sede e al tipo di contratto.
Secondo i dati di molti comparatori, lo stipendio di una cassiera della Lidl può variare tra 860 e 1.400 euro lordi al mese, con differenze legate a contratto full-time o part-time, anzianità, mansione e località geografica. Una cassiera con contratto part-time da 30 ore può guadagnare attorno ai 1.160 euro lordi, con possibilità di aumenti dopo il primo anno e passaggi di livello che possono portare lo stipendio a salire progressivamente.
A parità di ore, una cassiera con più anni di esperienza può ottenere una retribuzione superiore rispetto a chi è appena stata assunta. Anche la regione incide molto: nelle grandi città e al Nord gli stipendi tendono a essere leggermente più alti, sia per il costo della vita che per la maggiore presenza di benefit aziendali o premi legati agli obiettivi di vendita.
Eurospin, principale concorrente di Lidl, offre stipendi simili ma spesso leggermente inferiori, con medie mensili comprese tra 900 e 1.050 euro lordi. Anche in questo caso, la presenza di contratti a tempo parziale incide notevolmente sulla cifra percepita. In certi contesti favorevoli, si può arrivare fino a 1.200 euro netti, ma si tratta di casi meno diffusi. Le condizioni contrattuali quindi fanno davvero la differenza e incidono molto più delle cifre ufficiali riportate nei portali di lavoro.
Un aspetto spesso ignorato, ma cruciale, è la differenza di retribuzione tra uomini e donne. In Italia, il divario salariale esiste ancora oggi in modo tangibile. Secondo gli ultimi dati dell’ISTAT, le donne guadagnano in media circa il 5,6 per cento in meno rispetto agli uomini, anche a parità di mansione e contratto. Se si considera l’intero anno lavorativo, il divario può raggiungere l’11 per cento o più, tenendo conto anche delle ore effettivamente lavorate e delle carriere più discontinue. Questo significa che, nella stessa catena di supermercati e per lo stesso ruolo, una donna può percepire uno stipendio inferiore rispetto a un collega uomo.
Il motivo spesso risiede nel fatto che molte donne lavorano con orari ridotti, hanno meno accesso a ruoli di responsabilità o rientrano dopo periodi di maternità che incidono sull’anzianità. Anche nei ruoli operativi come quello della cassiera, il gender gap rimane un tema aperto, soprattutto nei settori dove la trasparenza salariale è limitata. I numeri non mentono, e indicano che la strada per una piena parità retributiva è ancora lunga, anche nei settori più popolari e diffusi.
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