Ti sei mai chiesto perché alcune azioni salgono alle stelle mentre altre, con risultati simili, restano ferme? Cosa spinge gli investitori a valutare una società più di un’altra, anche se i numeri dicono altro? Forse non è questione di intuizione, ma di un rapporto molto più concreto: il prezzo/utili.
È quel tipo di indicatore che sembra semplice, ma che nasconde molto di più di quanto si pensi. E quando viene ignorato, può fare la differenza tra un buon investimento e una delusione clamorosa.
Tutti parlano di mercato sopravvalutato o sottovalutato, ma pochi sanno veramente cosa sta dietro a queste parole. Quel numero, se letto bene, racconta molto di più di mille grafici.
Ed è spesso lì, proprio davanti agli occhi, il segnale che può fare la differenza. Non serve essere analisti, basta saper osservare con più attenzione.
Il bello del mondo azionario è che non si muove solo con i fatti, ma anche con le aspettative. Un’azienda può crescere nei numeri, ma se il mercato pensa che non abbia futuro, il suo valore resta basso. Al contrario, anche con profitti modesti, un titolo può volare se si crede che spiccherà il volo. Ed è qui che entra in gioco il famoso rapporto prezzo/utili, detto anche P/E.
Il rapporto prezzo/utili mette in relazione quanto costa un’azione con quanto guadagna l’azienda. Se il titolo vale 20 euro e gli utili per azione sono 2 euro, il P/E è 10. In pratica: stai pagando dieci volte gli utili. Un valore considerato “normale” per il mercato in generale si aggira attorno a 15-16.
Un P/E basso può indicare che l’azione è sottovalutata, cioè che il mercato la sta trattando con troppo pessimismo. Un P/E alto, invece, può far pensare che l’azione sia sopravvalutata, forse perché gli investitori si aspettano miracoli. Ma attenzione: non è sempre così semplice.
Settori diversi hanno multipli diversi. Le aziende tech, per esempio, spesso hanno P/E alti, perché il mercato scommette su una crescita esplosiva. Aziende stabili, come le utility, tendono ad avere P/E più contenuti. Il vero trucco è confrontare il valore attuale con la media storica del titolo o del settore.
Guardare il rapporto prezzo/utili può aiutare a capire se un’azione è cara o economica rispetto al passato. Ma non prevede il futuro da solo. Nei momenti di euforia, come nel 2000 o nel 2021, il P/E dell’intero mercato era salito molto sopra la media, e dopo poco ci sono stati forti cali. Ma in altri casi, come nel 2009, un P/E basso ha segnalato un’occasione da non perdere.
Un esempio pratico è Meta (ex Facebook): nel 2022 aveva un P/E molto basso, attorno a 12, perché il mercato dubitava della sua nuova strategia. Ma chi ha saputo vedere oltre, ha visto l’azione risalire in modo significativo nel 2023.
Quindi no, il P/E non è una garanzia. Ma può essere un segnale. Come lo userai la prossima volta che valuterai un’azione?
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