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Quota 41 per tutti? L’ipotesi che potrebbe concretizzarsi nella nuova riforma pensioni

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Da tempo si discute della possibile estensione del meccanismo di Quota 41. Davvero sarebbe possibile ciò?

In tempi in cui si continua a discutere dell’opportunità di una nuova riforma previdenziale che eviti il ritorno alla Legge Fornero dal 2023, tra le ipotesi in campo permane quella che prende il nome di Quota 41. Come funzionerebbe?

In questo periodo la riforma delle pensioni resta un argomento caldo, specialmente se consideriamo che Quota 102 terminerà la sua breve vita il prossimo 31 dicembre. Nel 2023 potrebbe tornare la Legge Fornero e i suoi stringenti requisiti: proprio per questo motivo si discute del varo di nuove norme in materia previdenziale.

In buona sostanza, per non tornare alla Legge Fornero l’attuale Esecutivo e le parti sociali dovrebbero trovare un accordo nei prossimi mesi, anche se la situazione permane al momento incerta. Tuttavia, c’è chi sostiene che sia fattibile l’applicazione estesa di Quota 41, numero che sottintende gli anni di contributi regolarmente versati.

Ma come stanno realmente le cose? Proviamo a ricostruire di seguito il quadro della situazione, essendo ben consapevoli della delicatezza dei temi affrontati.

Quota 41 e nuova riforma previdenziale: il contesto di riferimento

Discutere sulla fisionomia della prossima riforma pensioni appare senza dubbio una scelta opportuna. Non bisogna dimenticare infatti che terminata Quota 100, è stata introdotta Quota 102, vale a dire la possibilità di lasciare il lavoro a 64 anni di età con un minimo di 38 anni di contributi. Tuttavia, si tratta di un intervento-tampone e a tempo determinato: serve una misura sostitutiva che possa valere per lungo tempo, altrimenti il temuto ritorno alla Fornero diventerebbe realtà dal prossimo anno.

Oltre all’estensione di Quota 41 di cui tra poco diremo, le parti sociali starebbero valutando l’ipotesi di uscita dal mercato del lavoro, a partire dal compimento del 64esimo anno di età, ma con un taglio all’assegno pensionistico del 3% per ciascun anno di anticipo. Secondo le stime effettuate dai maggiori osservatori, ciò darebbe luogo ad un calo medio tra il 10 e il 18% dell’importo, in base alla data di ritiro dal mondo del lavoro e al metodo retributivo e contributivo.

La CGIL spinge in particolare per l’abbassamento dell’età minima per la pensione a 62 anni oppure per l’introduzione dei 41 anni di contributi per tutti.

I requisiti attuali per sfruttarne il meccanismo

Proprio l’ipotesi Quota 41 merita qui considerazione. Di seguito i requisiti:

  • almeno 12 mesi contributivi, derivanti da effettivo lavoro e anche non continuativi, versati prima del compimento del 19esimo anno di età;
  • 41 anni di contributi;
  • appartenenza ad una delle 5 categorie tutelate ovvero disoccupati, invalidi, caregiver (assistenza a familiari disabili), lavori usuranti e gravosi.

Al momento la misura interesserebbe dunque i soli lavoratori precoci, ma i sindacati ed alcune formazioni politiche non ci stanno. La richiesta infatti sarebbe quella della predisposizione di Quota 41 per tutti, ma è pur vero che un ostacolo all’estensione della misura sarebbe rintracciabile nella ricerca dei fondi per finanziarla.

Si tratta evidentemente di un’operazione non facile: lo scorso anno l’Inps ha stimato che i costi sarebbero al di sopra dei 4 miliardi nel primo anno, per poi superare i 9 miliardi dopo 10 anni dall’inizio dell’attuazione.

Ma, in buona sostanza, con l’introduzione di Quota 41 per tutti, i beneficiari potrebbero uscire dal mondo del lavoro con 41-42 anni e 10 mesi di contributi. E ciò senza tagli o riduzioni delle pensioni.

La proposta INPS in materia pensionistica: ecco come funzionerebbe

In uno scenario certamente ancora incerto sul fronte della riforma pensionistica che dovrà venire alla luce, si fa strada anche quanto prospettato dall’INPS. La proposta è quella di una differente uscita anticipata per i lavoratori appartenenti al sistema misto, ovvero a 63 anni, all’inizio con una prestazione di importo corrispondente alla quota contributiva maturata alla data della richiesta, per poi avere la pensione completa al raggiungimento dell’età di vecchiaia.

In breve, questi sono i requisiti della proposta INPS, che si contrappone di fatto a Quota 41:

  • almeno 63 o 64 anni di età;
  • almeno 20 anni di contribuzione;
  • aver maturato, alla data di uscita dal mondo del lavoro, una quota contributiva di pensione di importo corrispondente o superiore a 1,2 volte l’assegno sociale.

In base a quanto indicato dall’Inps, la misura sarebbe più sostenibile rispetto a Quota 41 in quanto comporterebbe un aggravio di circa 2,5 miliardi per i primi 3 anni e risparmi a cominciare dal 2028. Non resta che attendere quelli che saranno i prossimi sviluppi sul tema della riforma pensionistica da dare al paese, nella consapevolezza che trovare un compromesso tra Esecutivo, formazioni politiche e parti sociali non è affatto operazione semplice.

Claudio Garau

Laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Da diversi anni ha scelto di svolgere a tempo pieno il lavoro di redattore web, coniugando la sua passione per la scrittura e la tecnologia con quella per l’informazione, specialmente in campo giuridico. Si pone l’obiettivo di spiegare concetti e rendere comprensibili argomenti delle leggi, che è utile conoscere nella vita di tutti i giorni. Tra le sue passioni nel tempo libero ci sono il mare, lo sport e i motori.

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