È possibile dire addio per sempre alla Legge Fornero, ma solo se si predispongono nuove forme di flessibilità in uscita.
In attesa di una riforma strutturale del sistema pensionistico italiano, continuano a essere vigenti i requisiti della Legge Fornero. Nonostante i tentativi compiuti nel corso degli anni, ad oggi non è ancora stata modificata la normativa, ritenuta poco flessibile e troppo stringente.
Per questo motivo, è forte l’esigenza di predisporre idonei strumenti che permettano di anticipare l’uscita dal mondo del lavoro ai contribuenti in possesso di determinati requisiti. Negli anni, sono stati introdotte varie misure finalizzate a tale scopo, come Quota 100, Quota 102, Quota 103 e Quota 41 precoci, ma non si tratta di soluzioni realmente flessibili, a causa delle condizioni anagrafiche e contributive molto rigide. Quale sarebbe la soluzione migliore per superare definitivamente la Legge Fornero?
L’introduzione delle “quote” per consentire il pensionamento anticipato dovrebbe basarsi su un meccanismo libero da soglie fisse. Si tratta, tuttavia, di un progetto al momento non realizzabile perché eccessivamente gravoso per le finanze pubbliche. La verità è che l’aumento dell’età pensionabile e la predisposizione di agevolazioni per i lavoratori che scelgono di non beneficiare della pensione anticipata ma di continuare a lavorare rappresentano delle soluzioni necessarie per far quadrare i conti pubblici.
Dall’entrata in vigore della Riforma Fornero sono state introdotte delle soluzioni temporanee, ma non capaci di innovare completamente il sistema previdenziale. Contro questa tendenza si sono scagliati più volte anche i sindacati; la CISL, ad esempio, recentemente ha espresso l’esigenza di lavorare in sinergia con il Governo per far fronte alle richieste di numerosi lavoratori di andare in pensione secondo regole meno rigide. La richiesta è unanime: serve maggiore flessibilità in uscita, come l’opportunità di beneficiare del pensionamento già a 62 anni e senza eccessive penalizzazioni (anche perché, in virtù del sistema contributivo puro, smettere di lavorare prima rappresenta già un ostacolo, visto che i coefficienti di trasformazione applicati tagliano l’ammontare dell’assegno previdenziale).
Per evitare un peso insopportabile sulle finanze statali, la soluzione potrebbe essere la predisposizione di una penalizzazione minima e proporzionata al periodo di anticipo (ad esempio, prevedendo un taglio pari all’1% per ciascun anno). In questo modo, la platea dei beneficiari delle forme di pensionamento anticipato si allargherebbe. Contemporaneamente, potrebbe essere “premiato” chi rimane a lavoro per più tempo, magari con bonus o agevolazioni economiche, sulla scia del Bonus Maroni e del nuovo sgravio contributivo. In conclusione, per rendere il sistema davvero flessibile, basterebbe bilanciare penalizzazioni e premi.
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