Il fumo uccide almeno 6 milioni di persone all’anno eppure non si fa nulla per fermare definitivamente questo sterminio.
Entro il 2030 si prevede che le persone che moriranno a causa del fumo saliranno a 8 milioni ogni anno: una tragedia evitabile, a partire dallo Stato. C’è chi ha chiesto un risarcimento dopo la morte per un cancro ai polmoni di una parente fumatrice. Vediamo come è andata.
Malattie cardiovascolari e tumori sono le cause di morte più frequenti nel mondo. Al primo posto ancora le malattie che includono cardiopatie ischemiche e ictus. I tumori, invece, sono la seconda causa di morte più frequente, causando più di 10 milioni di decessi ogni anno. Sei milioni di questi possono essere collegati al fumo di sigaretta. Lo Stato risponde sempre allo stesso modo: noi scriviamo sui pacchetti che il fumo ti uccide, perché fumi lo stesso? Verrebbe da fare una contro domanda: se è vero che il fumo uccide e la Costituzione prevede che lo Stato debba difendere la salute dei cittadini, perché le sigarette le vendete lo stesso?
Una diatriba senza fine, da una parte si tenta di avere la coscienza a posto, dall’altra una difficoltà oggettiva a uscire da una tossicodipendenza tanto forte. Ma negli anni ’60 e ’70 non c’era scritto nulla sui pacchetti di sigarette e nemmeno si parlava troppo della correlazione tra fumo e cancro ai polmoni. Quindi chi ha iniziato in quel periodo come poteva sapere di andare incontro alla morte? Facile dire, come ha fatto la Corte d’Appello, che l’azienda produttrice di sigarette fosse responsabile al 50 per cento con la danneggiata, asserendo che fumare è «un atto di volizione libero, consapevole e autonomo» della vittima, dotata della capacità di agire». Solo nel 1975 nacque il divieto di fumare in determinati locali e sui mezzi di trasporto pubblico.
Gli eredi di una persona morta per un cancro ai polmoni causato dalle sigarette fumate per 30 anni, hanno chiesto un risarcimento alle aziende produttrici. Come è finita?
La Cassazione civile, in un’ordinanza dello scorso 23 maggio, ha stabilito che devono essere risarciti gli eredi del fumatore morto per carcinoma polmonare, questo perché non si può ritenere la vittima in concorso di colpa senza accertare se, quando ha iniziato, fosse consapevole che il fumo è cancerogeno. La Corte ha dunque accolto il ricorso proposto dagli eredi di una signora morta di cancro dopo aver fumato un pacchetto al giorno per 30 anni.
Risale al 1983 il divieto di pubblicizzare qualsiasi prodotto da fumo, mentre quello di pubblicità in tv, anche indiretta, arriva solo nel 1991. Il produttore di sigarette per non avere responsabilità sulla morte dei consumatori, dovrebbe dimostrare di aver adottato ogni misura per evitare il danno, ad esempio introducendo filtri per contenere lo sprigionamento delle sostanze cancerogene provocate dalla combustione, producendo sigarette con una ridotta percentuale di catrame e informando sui rischi del fumo.
Va detto che il risarcimento non è mai facile da ottenere, soprattutto se il fumatore era consapevole dei rischi del fumo. Ma va anche ribadito che lo Stato è tenuto a salvaguardare la salute dei suoi cittadini, anche quelli più fragili che non ce la fanno proprio a smettere di fumare, uccidendosi giorno dopo giorno.
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