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Economia e Finanza

Rivalutazione pensioni a gennaio addio, non è automatica: ammessi ed esclusi

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A gennaio si può dire addio alla rivalutazione pensioni, perché la platea di destinatari ne è considerevolmente ridotta.

La notizia fa gelare il sangue ai contribuenti, ancora una volta il sistema previdenziale nega gioie e fonti di serenità. Seppur pare che ci saranno delle migliorie, non sarà come molti si aspettano perché si può dire addio alla rivalutazione pensioni a gennaio. Gli aggiornamenti in materia evidenziano dei disagi e delle falle destinate a rendere la situazione ancora più complicata.

Rivalutazione pensioni a gennaio addio, non è automatica: ammessi ed esclusi- Trading.it

L’opinione pubblica sta trattando il tema pensioni da un bel po’, dal 15 ottobre è in gioco una discussione attorno alla Legge di Bilancio presente in Parlamento, in merito agli incrementi previsti per il 2025. Parevano essere confermati, ma alla fine non sono ciò che “sembrano”, cioè situazioni vantaggiose, ma in certi casi sono più degli “scogli” che si aggiungono al sistema fallimentare.

Tutto è partito dalla critica alla crescita delle pensioni di soli 3 euro. Successivamente l’inflazione ne ha generate altre, perché l’INPS ha finito per diminuire ancora la soglia di crescita. Quali sono le percentuali?

Addio alla rivalutazione delle pensioni, a gennaio arriva il peggio?

Se in principio si parlava dell’1%, ad oggi si deve considerare uno spaventoso 0,8%. Che i pensionati del 2025 potranno stare meglio di quelli del 2024 è accertato, ma non con dei numeri così soddisfacenti, perché comunque l’inflazione impazza e la mancanza di risorse finanziarie aggrava tutto. Il problema è che non solo la rivalutazione delle pensioni a gennaio non sarà soddisfacente, non sarà certa nemmeno per tutti. Chi sono i destinatari? Perché gli altri non vi rientrano?

Addio alla rivalutazione delle pensioni, a gennaio arriva il peggio?- Trading.it

Quindi, accertato che molti non riceveranno l’incremento tanto desiderato, ci si domanda perché. Il problema non sta nel fatto che il meccanismo di rivalutazione non sia previsto per alcuni trattamenti pensionistici, ma quanto nella situazione che implica la percezione di una pensione che nella sua accezione e impostazione, non prevede aumenti.

La stessa INPS definisce questi trattamenti non vere e proprie pensioni, poiché la stessa Ape Sociale è un ammortizzatore che accompagna i cittadini fino al congiungimento delle pensione vera e propria.

È una prestazione che si percepisce a partire dai 63 anni e mezzo fino ai 67 e mezzo, cioè l’età della pensione. Erogata al mese come una pensione qualsiasi poiché ne segue il calendario dei versamenti, non lo è al 100%, infatti non prevede aumenti. Misura assistenziale riguarda gli addetti ai lavori gravosi, i disoccupati, caregiver e gli invalidi, una platea di destinatari abbastanza ampia, ma contraddistinta per lo più da soggetti fragili.

La modalità di percezione la rende diversa dagli altri trattamenti previdenziali, a partire dalla mancanza di possibilità di aumento. Ecco perché non tutti ricevono gli incrementi. Il tempo fornisce la sue risposte. Infatti, a 67 anni decade, quindi non può rientrare nella manovra in questione. Così, giunto all’età in questione, il pensionato deve presentare una domanda di pensione di vecchiaia e percepire così il trattamento previsto.

Non c’è la Tredicesima e nessuna maggiorazione. Superare i 1500 euro non è consentito, e l’importo che si percepisce dal detentore dell’istituto, dal momento della prima data di liquidazione, non si adatta all’inflazione. Cosa significa? Che quanto si prende all’inizio resta tale mese per mese e anno dopo anno.

Fabiana Donato

Redattrice classe '96 nata sotto il segno dei pesci, ma con la grinta di un ariete che passa le giornate tra la kick boxing e la scrittura. Amante di film, anime, libri e manga, ed interessata a tutti ciò che anima il mondo. Laureata in scienze politiche e storia, insegnante a tempo perso, con l'obiettivo di pubblicare le sue storie.

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