Un passaggio di lavoro può sembrare solo un cambio di scrivania, ma nasconde una decisione che può incidere profondamente sul futuro economico. In gioco c’è il Tfr e il fondo pensione, due strumenti spesso sottovalutati, ma fondamentali per la serenità finanziaria di domani. Quando arriva il momento di scegliere, pochi sanno che il tempo è limitato e che il silenzio può trasformarsi in una scelta automatica con effetti permanenti. Eppure, sei mesi sono tutto ciò che si ha. E una volta firmato, non sempre si torna indietro.
Cambiare azienda o iniziare il primo impiego può generare entusiasmo e aspettative. Tra documenti da firmare, incontri di onboarding e nuove responsabilità, è facile che un modulo come il Tfr2 passi in secondo piano. Eppure, quello è uno dei momenti più importanti per orientare il proprio futuro previdenziale. La legge non lascia spazio all’improvvisazione: sei mesi per decidere cosa fare del proprio Trattamento di Fine Rapporto.
Una decisione che non riguarda solo l’oggi, ma che incide anche sulla pensione futura e sul trattamento fiscale che si riceverà al termine del percorso lavorativo. Ignorare questa finestra può far scattare meccanismi automatici difficili da invertire. E ogni scelta fatta oggi, si rifletterà domani, quando più si avrà bisogno di sicurezza.
All’inizio di un nuovo lavoro, è necessario comunicare la propria volontà rispetto alla destinazione del Tfr. Il dipendente ha a disposizione sei mesi per decidere se lasciare il Tfr in azienda oppure trasferirlo a un fondo pensione. Lasciare il Tfr in azienda è una scelta reversibile, il che significa che può essere cambiata in qualsiasi momento successivo. Tuttavia, nelle aziende con almeno 50 dipendenti, il Tfr non rimane fisicamente in azienda, ma viene versato al Fondo Tesoreria Inps.
Diversa è la scelta di destinare il Tfr a un fondo pensione. In questo caso la decisione è irrevocabile per tutta la durata del rapporto di lavoro. Il lavoratore può optare per un fondo di categoria, come Cometa, oppure per un fondo aperto o un piano individuale. Il vantaggio principale riguarda la fiscalità: le prestazioni del fondo pensione, sia in forma di capitale sia in forma di rendita, sono soggette a una tassazione agevolata, che può scendere fino al 9%.
Se il lavoratore non esprime alcuna scelta nei sei mesi previsti, scatta il meccanismo del silenzio-assenso. Il Tfr verrà automaticamente versato nel fondo pensione previsto dal contratto collettivo applicato. In assenza di un fondo specifico, sarà destinato al fondo Cometa. È importante sapere che, inizialmente, verrà versato solo il Tfr: sarà necessario attivarsi per versare contributi propri e accedere anche al contributo dell’azienda, con i relativi benefici fiscali.
Il cambio di datore di lavoro rappresenta un nuovo inizio anche sotto il profilo previdenziale. Se nel precedente impiego il Tfr era rimasto in azienda, con la nuova assunzione si riapre una nuova finestra di sei mesi per decidere se mantenere quella scelta o passare alla previdenza complementare. Questo vale per ogni nuovo rapporto di lavoro e permette di rivedere le decisioni passate con maggiore consapevolezza.
Chi, invece, aveva già aderito a un fondo pensione chiuso come Cometa, perde i requisiti di partecipazione a quel fondo nel momento in cui termina il rapporto di lavoro. A quel punto, le opzioni sono tre: lasciare i contributi già versati nel fondo originario, trasferirli in un nuovo fondo oppure riscattarli, se si rientra nelle condizioni previste. Con il nuovo impiego si apre una nuova opportunità di scelta per il Tfr che si maturerà in futuro. È un momento utile per valutare meglio vantaggi, costi e benefici fiscali.
Anche in questo caso, il vantaggio fiscale della previdenza complementare non è trascurabile. Mentre il Tfr liquidato direttamente dall’azienda subisce una tassazione separata tra il 23% e il 43%, le prestazioni dei fondi pensione godono di un’imposta sostitutiva agevolata tra il 15% e il 9%, in base agli anni di permanenza nel fondo. Un’opportunità che può fare la differenza, soprattutto quando si guarda al lungo termine con la consapevolezza che ogni passaggio lavorativo può essere anche un’occasione per rafforzare il proprio futuro.
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