Cosa succede davvero quando l’ente creditore non trova nulla da pignorare? Una domanda che toglie il sonno a tanti. E se non c’è un’auto su cui mettere il fermo? Esiste davvero una via d’uscita o è solo questione di tempo prima che arrivi un’altra forma di riscossione?
C’è un aspetto poco noto ma fondamentale da conoscere, una zona grigia in cui le regole non funzionano più come ci si aspetta. E in quel momento entrano in gioco scenari sorprendenti.

Succede più spesso di quanto si immagini. Una persona riceve una cartella esattoriale, magari da Agenzia delle Entrate Riscossione, ma non possiede nulla di valore. Nessuna macchina intestata, nessun conto corrente attivo, nessun lavoro ufficiale. Il primo pensiero è un sospiro di sollievo, ma è davvero finita lì? Oppure ci sono altre strade che il creditore può percorrere per ottenere quanto gli spetta?
In questo tipo di situazioni, è facile credere che l’assenza di beni equivalga a una protezione totale, come se la legge si fermasse davanti a un muro invisibile. Ma il sistema ha strumenti meno visibili, eppure molto efficaci, per tentare il recupero delle somme dovute.
Chi si ritrova in queste circostanze spesso convive per anni con il timore che qualcosa possa spuntare fuori all’improvviso. Una notifica, un blocco imprevisto, un prelievo forzoso. Ma non è sempre detto che le cose vadano così. Capire come agisce un ente creditore senza beni da aggredire non è solo utile, è essenziale per smettere di vivere nell’ansia del “quando arriverà il colpo”.
Quando non c’è auto da bloccare, cosa può succedere
Il fermo amministrativo sull’auto è una delle misure più usate dall’Agente della Riscossione, ma non può essere applicato se il debitore non ha veicoli intestati. Dopo la notifica della cartella, l’ente attende 60 giorni, poi invia un preavviso. Se dopo altri 30 giorni l’auto risulta ancora presente, viene iscritto il fermo. Ma se non c’è nessun veicolo, questa misura diventa inapplicabile.

Tuttavia, il creditore ha altri strumenti a disposizione. Può accedere all’Anagrafe Tributaria o al Registro dei Rapporti Finanziari per individuare altri beni o fonti di reddito da aggredire. È così che possono partire pignoramenti di conti correnti, stipendi, crediti verso terzi o altri beni registrati. In sostanza, l’assenza di un’auto non blocca affatto la macchina della riscossione.
Nel momento in cui il contribuente non ha redditi, né proprietà, né conti o beni pignorabili, si entra in una zona diversa. Parliamo dei cosiddetti nullatenenti. Chi ha solo una casa di abitazione (non pignorabile), una pensione di invalidità o altre entrate non aggredibili, risulta per la legge non solvibile. A quel punto il recupero del credito si complica.
Quando il debito finisce nel nulla
Se l’ente creditore non riesce a riscuotere, può decidere di “scaricare” la cartella. Questo può avvenire dopo cinque anni, ma anche prima se è evidente che il debitore non è recuperabile. Il discarico non cancella il debito, ma ferma le azioni di recupero.
Un altro aspetto fondamentale riguarda la prescrizione. Se nei dieci anni successivi alla notifica della cartella non arrivano intimazioni, solleciti o atti interruttivi, il debito si estingue. Per i debiti locali, come quelli verso Comuni o Regioni, la prescrizione scende a cinque anni. Il bollo auto, in particolare, si prescrive dopo tre anni.
Ma ogni nuova comunicazione ufficiale fa ripartire il conteggio. Dunque, anche se oggi nulla sembra accadere, domani potrebbe cambiare tutto.