Ecco chi va in carcere per truffa, con le detrazioni fiscali non si scherza, arriva finalmente il chiarimento.
Partendo dal presupposto che nessuna brava persona vorrebbe andare in carcere per truffa, ma non si può negare il fatto che la gestione delle detrazioni fiscali non sia sempre “corretta”. Questo perché trattasi di un tema spesso soggetto ad evoluzioni, senza dimenticare il fatto che a volte sono i “dettagli” a fare la differenza, e sono questi a sfuggire. In soccorso arriva la Corte di Cassazione con una sentenza illuminante pronta a trattare la casistica.
È stata la sentenza n. 27820 del 29 luglio 2025 a definire la questione delle detrazioni fiscali e del rischio carcere per truffa. Chi ottiene rimborsi d’imposta non dovuti per falsa rappresentazione di spese o altri oneri inesistenti, risponde di reato di dichiarazione infedele o anche fraudolenta, e non anche di truffa aggravata ai danni dello Stato.
Ciò sussiste poiché la normativa penale tributaria è speciale e prevale sulla norma generale del reato di truffa aggravata, con la quale la dichiarazione infedele ha un rapporto di “specialità” appunto.
In sostanza, la frode fiscale è gestita da una normativa specifica che si determina nella responsabilità penale, fatta eccezione che il profitto che derivi dalla condotta fraudolenta, sia diverso o comunque ulteriore, rispetto all’evasione fiscale stessa. Questo avviene come nel caso di ottenimento di erogazioni di matrice pubblica differenti dall’imposta evasa.
Ma allora qual è stata la pronuncia definitiva della Corte di Cassazione rispetto quanto definito dalla Procura? È qui che provengono i chiarimenti sulle detrazioni fiscali, ecco chi rischia davvero il carcere per truffa.
Succede che la Corte ha respinto il ricorso della Procura che chiedeva il sequestro dei conti di un imprenditore accusato di aver richiesto un rimborso d’imposta non spettante. Questo ribadendo che in tali casi, il quadro sanzionatorio, si esaurisce nella sfera della normativa tributaria penale, dichiarazione infedele. Senza che si possa procedere anche per truffa aggravata ai danni dello Stato.
Si tratta di un’interpretazione che si allinea alla giurisprudenza già in parte consolidata delle Sezioni Unite della Cassazione. Essa sottolinea che ogni condotta fraudolenta diretta all’evasione fiscale, trovi giusta risposta repressiva, solo nella normativa sopra indicata, quella tributaria speciale.
Quindi, non ci si rifà al codice penale ordinario per reati come la truffa aggravata. In sintesi, succede che la falsa esposizione di dichiarazione di crediti non dovuti, configura il reato di dichiarazione infedele. Questo all’ex. art. 4 DLGS n. 74/2000 e non anche la truffa aggravata ai danni dello Stato, ammenoché non emerga un ulteriore profitto a danno dello Stato diverso dall’evasione fiscale stessa.
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