Non sempre chi lavora riesce a controllare ogni dettaglio dei propri versamenti INPS. Capita spesso che i contributi manchino e si venga a saperlo troppo tardi. Ma quanto tardi è davvero troppo? Fino a oggi si credeva che dopo cinque anni tutto fosse perduto. Ma qualcosa è cambiato. Ora c’è una nuova finestra temporale. La Cassazione ha finalmente chiarito quando inizia a scorrere il tempo per chiedere la rendita vitalizia, e non è il momento che tutti pensano. Questo dettaglio può fare la differenza tra un diritto esercitabile e uno ormai svanito.
Nel corso di una vita lavorativa possono esserci molte zone d’ombra. A volte si lavora per aziende che chiudono, altre volte ci si affida a chi dice “ci penso io”, e solo anni dopo si scopre che i contributi non sono stati versati. La cosa più frustrante? A quel punto i termini sembrano già scaduti. Questo è il momento in cui molti si rivolgono al patronato chiedendo se sia ancora possibile rimediare con la rendita vitalizia INPS.

Questo strumento, previsto dalla legge n. 1338/1962, consente di rimettere in ordine i conti quando i versamenti sono prescritti e non più recuperabili nel modo tradizionale. Fino a oggi però non era chiaro da quando iniziasse la decorrenza per farne richiesta: dal momento dell’omissione o da quello della scoperta?
La Cassazione riscrive il tempo della prescrizione: contano conoscenza e consapevolezza
Con la sentenza n. 22802/2025, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno definitivamente chiarito il punto. Il diritto alla rendita vitalizia non è eterno: si prescrive in dieci anni, ma la novità è che quel termine non inizia con la mancata contribuzione, bensì dal momento in cui il lavoratore viene a sapere della mancanza o dell’impossibilità di sanarla.

È un cambiamento radicale che mette al centro la reale consapevolezza del lavoratore. Nessuno può attivarsi se non sa che qualcosa manca. Per fare un esempio concreto: Mario, nel 2025, scopre che tra il 2002 e il 2003 il suo datore non ha versato i contributi. Anche se sono passati più di 20 anni, il termine dei dieci anni per costituire la rendita vitalizia comincia solo nel momento della scoperta. Se agisce entro il 2035, quei due anni potranno essere recuperati.
Ma in pratica, chi deve versare i contributi mancanti tramite la rendita vitalizia? In teoria dovrebbe farlo il datore di lavoro, se è ancora attivo e disponibile. In molti casi però ciò non è possibile: l’azienda può aver chiuso, il titolare può essere deceduto, irreperibile o semplicemente non collaborare. In questi casi, il lavoratore può sostituirsi al datore e versare lui stesso all’INPS una somma calcolata per coprire il periodo scoperto. Non è poco, ma spesso è l’unico modo per non perdere anni di contributi e salvare la pensione.
Un esempio simile riguarda Lucia, che lavorava per una ditta poi fallita nel 2010. Nel 2024 scopre che nel 2009 non ha contributi versati. Il datore non esiste più, quindi Lucia può decidere di pagare lei la rendita vitalizia per salvare quell’anno, altrimenti andrà perso.
Oltre alla rendita, resta aperta anche la via del risarcimento danni ex art. 2116 c.c., ma ha logiche diverse e dipende da quando si manifesta concretamente il danno pensionistico (ad esempio al momento del diniego o del calcolo ridotto della pensione).
Una seconda opportunità grazie alla nuova legge del 2024
Se anche i dieci anni sono trascorsi, oggi esiste un’ulteriore via: l’articolo 30 della legge n. 203/2024. Si tratta di una norma nuova, pensata proprio per chi si accorge tardi delle omissioni e non può più rientrare nei termini ordinari. In questo caso la rendita vitalizia si può ancora costituire, ma il lavoratore dovrà dimostrare di non avere avuto alternative.
È ciò che succede a Giovanni, che nel 2025 si accorge che nel 2006 e 2007 mancano due anni di contributi. Non può più costituire la rendita ordinaria perché il termine è scaduto, ma grazie alla nuova normativa può attivare la rendita vitalizia speciale, dimostrando che il datore è fallito e irrintracciabile da anni.
L’INPS, con la circolare n. 48/2025, ha stabilito i criteri per accedere a questa misura. Una possibilità importante per chi ha avuto carriere frammentate, datori non collaborativi o situazioni di lavoro in nero. La rendita vitalizia INPS, in questi casi, diventa uno strumento di giustizia previdenziale. Ma serve consapevolezza, tempestività e documentazione.