Sentenza shock e linea dura dei tribunali: anche se sei disoccupato e in difficoltà economica niente sconti se sospendi l’assegno ai figli

L’impatto nascosto di una crisi economica può trasformarsi in una questione giudiziaria quando c’è un figlio da mantenere: la linea dura dei tribunali italiani sorprende più di quanto si pensi.

Molti genitori separati pensano che la perdita del lavoro o una fase di difficoltà siano motivi sufficienti per sospendere l’assegno di mantenimento, ma la realtà giudiziaria racconta un’altra storia.
Una recente decisione della Corte d’Appello di Napoli ha scosso chi si trova già con l’acqua alla gola, ricordando che la legge non si ferma davanti alle crisi personali.

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Sentenza shock e linea dura dei tribunali: anche se sei disoccupato e in difficoltà economica niente sconti se sospendi l’assegno ai figli-trading.it

Il confine tra una difficoltà temporanea e l’indigenza assoluta è più netto di quanto sembri e stabilisce chi può davvero sospendere il pagamento senza rischiare una condanna.
La sentenza parla chiaro: la tutela dei figli resta prioritaria, anche quando il portafoglio è vuoto e le prospettive incerte.

Molti procedimenti per omesso mantenimento nascono proprio da situazioni dove la crisi economica è il fulcro della difesa. In apparenza, può sembrare ragionevole: senza entrate, come garantire una somma mensile al figlio? Ma l’orientamento giurisprudenziale, consolidato e confermato dall’ultima decisione napoletana, dimostra che la giustificazione non regge se non supportata da prove granitiche. L’obbligo verso i minori non è visto come una spesa da tagliare nei momenti difficili, ma come un dovere primario da onorare, anche a costo di rivedere drasticamente il proprio stile di vita.

Per i giudici non basta dire “non ho soldi”: serve provare un’indigenza totale e senza colpa

La Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza del 27 maggio 2025, ha confermato una linea interpretativa severa: una crisi economica, per quanto pesante, non è motivo sufficiente per sottrarsi all’obbligo di mantenimento dei figli. Per ottenere un’esenzione o evitare sanzioni penali, è necessario dimostrare una condizione di indigenza assoluta e incolpevole, Significa non avere davvero alcuna possibilità di procurarsi risorse per sé e per i figli e, soprattutto, non aver contribuito a questa situazione con comportamenti negligenti o scelte avventate.

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Per i giudici non basta dire “non ho soldi”: serve provare un’indigenza totale e senza colpa-trading.it

Nel caso in questione, un ragioniere separato aveva smesso di versare l’assegno stabilito dal tribunale, giustificando la scelta con un calo di lavoro e reddito. La Corte ha respinto la tesi, sottolineando che:

non erano state presentate prove concrete, come documenti bancari o contratti di lavoro rifiutati;
la somma stabilita era stata già calibrata sulle sue condizioni economiche;
la sospensione unilaterale non è mai ammessa: la via corretta è chiedere una revisione formale al tribunale.

La sentenza ribadisce così un concetto chiave: finché esiste anche la minima possibilità di rispettare l’obbligo, magari versando meno, ma sempre con un intervento del giudice,  la legge impone di farlo.

Quando la legge alza la voce: perché il dovere verso i figli prevale sulla crisi

Il legislatore e i tribunali pongono l’interesse del minore al di sopra di tutto. L’assegno di mantenimento non è visto come una questione privata tra ex coniugi, ma come un elemento essenziale per garantire salute, istruzione e stabilità emotiva dei figli. Ecco perché anche in caso di licenziamento, insolvenze di clienti o crollo degli affari, la priorità rimane quella di trovare soluzioni per non interrompere i pagamenti.

In assenza di mezzi, la strada legale è attivare subito un’istanza di modifica delle condizioni di separazione o divorzio, allegando prove documentali e dimostrando di cercare attivamente una nuova occupazione. La mancata attivazione di queste procedure, unita a una sospensione autonoma dei versamenti, rischia di sfociare in un procedimento penale ai sensi dell’art. 570 c.p., con conseguenze anche molto gravi.

La pronuncia della Corte d’Appello di Napoli, oltre a confermare una linea interpretativa già consolidata in Cassazione, suona come un avvertimento a chi pensa di “tirare il fiato” smettendo di pagare: l’unico respiro ammesso è quello autorizzato dal giudice, e solo dopo aver dimostrato che ogni altra strada è stata percorsa.

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