In tanti finiscono per pagare più tasse del dovuto senza accorgersene, e tutto per una svista su un dettaglio che sembra banale. Quando si compila il Modello 730, la fretta o la paura di dimenticare qualcosa spingono ad aggiungere anche ciò che non serve. Il conto deposito di Poste Italiane è uno di quei casi che mette in difficoltà più spesso di quanto si pensi. Sembra logico includerlo, eppure farlo può essere un errore. Molti non lo sanno e finiscono per sbagliare, convinti di essere più precisi, mentre invece fanno il contrario.
La confusione nasce da una regola fiscale che non tutti conoscono, e che spesso nemmeno gli sportelli sanno spiegare chiaramente. In più, tra Modello 730, DSU, ISEE e CU, non è semplice capire dove vadano inseriti certi dati, e dove invece sia meglio lasciarli fuori. La rendita da conto deposito è uno di quei numeri che sembra importante segnalare, ma non sempre va trattata allo stesso modo.

Chi ha un conto deposito con Poste Italiane potrebbe pensare di doverlo indicare in ogni dichiarazione, ma la normativa dice qualcosa di diverso. Per questo è utile chiarire in modo semplice cosa prevede davvero la legge, quali documenti guardare e quali errori evitare per non ritrovarsi a pagare più di quanto dovuto.
Perché non va inserita nel Modello 730 la rendita del conto deposito di Poste Italiane e come funziona la tassazione alla fonte
Chi ha un conto deposito presso Poste Italiane spesso si chiede se debba inserire gli interessi maturati nel Modello 730. La risposta, confermata sia dall’Agenzia delle Entrate che dalle istruzioni ufficiali del modello, è no. La rendita generata da questi strumenti finanziari è già tassata alla fonte con un’imposta del 26%, secondo quanto stabilito dall’articolo 3 del DL 66/2014.

Questo significa che il titolare del conto riceve un interesse già netto, su cui Poste Italiane ha trattenuto e versato allo Stato la parte spettante. La normativa parla chiaro: si tratta di una tassazione sostitutiva, definitiva, che non richiede ulteriori dichiarazioni da parte del contribuente.
Un esempio concreto aiuta a capire meglio. Se un cliente ha maturato 100 euro di interessi lordi, Poste trattiene automaticamente 26 euro e ne accredita 74. Questi 74 euro non devono essere inseriti nel Modello 730, perché la tassazione è già avvenuta. Non è solo una prassi: è una disposizione precisa prevista dal DPR 600/1973, articolo 26.
Inserire comunque questi interessi nella dichiarazione rischia di farli tassare di nuovo o di generare incongruenze. Per questo è importante non farsi guidare solo dal buon senso, ma dalle regole. Le stesse regole valgono anche per i conti correnti e altri prodotti finanziari simili. Diverso è il discorso per investimenti all’estero, dove la tassazione non avviene alla fonte e diventa quindi obbligatorio dichiarare tutto.
Quando la rendita del conto deposito di Poste Italiane diventa rilevante per l’ISEE e deve essere indicata nella DSU
Se nel Modello 730 la rendita del conto deposito di Poste Italiane non va inserita, il discorso cambia del tutto quando si compila la DSU per ottenere l’ISEE. In quel caso, anche gli interessi già tassati alla fonte diventano rilevanti, perché contribuiscono alla valutazione del patrimonio mobiliare complessivo.
Nel modulo DSU vanno indicati il saldo al 31 dicembre, la giacenza media annua e anche gli interessi lordi maturati. Questi dati sono riportati nella certificazione unica rilasciata da Poste Italiane, che può essere scaricata online o richiesta allo sportello.
Anche se non hanno valore fiscale, questi interessi incidono sulla definizione dell’indicatore economico, che è alla base dell’accesso a bonus, borse di studio, agevolazioni sanitarie e molte altre misure pubbliche. Per esempio, se in un anno un conto deposito ha generato 150 euro di interessi, questi vanno sommati al resto del patrimonio, anche se sono già stati tassati.
Omettere questo dato può portare a un ISEE falsato e, di conseguenza, a sanzioni o alla perdita di diritti. Per questo è fondamentale sapere quando e dove la rendita del conto deposito deve essere dichiarata. Non per il Fisco, ma per lo Stato sociale.