Capire quando si può chiudere una veranda grazie alla sentenza n. 6097/2025 del TAR Lazio e al DPR 380/2001.
Importanti chiarimenti in seguito alle modifiche legate alla questione spesso altamente dibattuta. Chiudere o meno una veranda non è una decisione scontata, le famiglie dovranno gestire in questo modo.

Si parlerebbe di demolizione legittima anche senza aumento di volume nel caso della veranda trasformata in spazio abitativo.
Per il DPR 380/2001, tale chiusura comporta una modifica importante dello stesso organismo edilizio. Richiedendo a sua volta il titolo abitativo, altrimenti subentrano sanzioni come l’appena citata demolizione, o anche l’acquisizione gratuita dell’area da parte del Comune.
La sent. n. 6097/2025 del TAR Lazio conferma l’orientamento. Ribadendo che serve il permesso per costruire anche se non si altera la struttura dell’edificio, ma si pongono interventi che conseguono una nuova destinazione degli ambienti per funzione.
La veranda è uno spazio delimitato da strutture vetrate e non può essere realizzata su balcone, terrazza o giardino. Se si decide di chiudere con una veranda, c’è l’aumento del volume dell’abitazione e una modifica importante dell’aspetto dell’edificio.
L’amministrazione può agire per come indicato sopra ai sensi dell’art. 31, comma 3, DPR 380/2001. Ma esistono degli interventi edilizi semplici e temporanei che non cambiano in modo permanente l’aspetto dell’edificio, e che quindi possono essere rimossi facilmente. È la legge n. 221/2022 che introduce le cosiddette Vepa, cioè le vetrate panoramiche amovibili, che possono essere installate senza permesso, ma devono rispettare delle regole previste.
Anche se non ci sono cambiamenti fisici dell’edificio, ci vuole generalmente il permesso. L’art. 10, comma 1, lettera c) del DPR 380/2001 chiarisce che serve per interventi di nuova costruzione, ristrutturazione e quelli che portano a un organismo diverso da quello precedente.
Ecco quando si può chiudere una veranda, gli effetti della sanzione demolitoria
È la sentenza del TAR Lazio che sottolinea che l’elemento del mutamento di destinazione d’uso di una veranda da spazio accessorio a superficie abitativa, comporta un impatto significativo nella struttura. Ciò necessita del permesso di costruire anche se non c’è un ampliamento volumetrico.

Il TAR per il Lazio, con la sentenza n. 6097/2025, ha confermato l’ordinanza con la quale l’amministrazione comunale aveva intimato la demolizione di numerose opere edilizie abusive, tra cui una veranda. Il proprietario contestava ciò. L’amministrazione si era accertata della trasformazione dello spazio abitativo, e la mutazione della funzione originaria.
Il ricorrente sosteneva che non c’erano stati ampliamenti e modifiche, ma il TAR non accoglie la ricostruzione, ritenendo abusivo il cambio di destinazione d’uso. Questione opportunamente documentata dalla relazione tecnica del Comune, dato che la veranda era stata trasformata proprio in un ambiente residenziale, chiuso e abitabile, condizione in netto contrasto con una possibile sanatoria.
In ogni caso, anche se non c’è aumento del volume, per i giudici manca l’apposito titolo abitativo. Per la Corte non ci sono nemmeno prove per testimoniare che questo fatto sia temporaneo. Visti gli elementi, si legittima la sanzione demolitoria del Comune, trattandosi di interventi che hanno alterato i luoghi in gioco.