Firmare un rogito e poi ricevere una richiesta di pagamento per lavori decisi mesi prima può sembrare un errore. Invece è tutto perfettamente legale. E può trasformarsi in un salasso inaspettato. Quando si compra casa, non basta controllare muri e impianti: bisogna sapere cosa ha deciso l’assemblea condominiale. Una recente sentenza della Cassazione lo conferma e mette nero su bianco di chi è il conto. Ma la realtà è meno semplice di quanto sembri.
Entrare in una nuova casa dovrebbe essere un momento di felicità. Ma non sempre va così. Basta poco per trovarsi di fronte a spese impreviste: lavori al tetto, facciata da rifare, ascensore da sostituire. Tutto approvato dal condominio prima del rogito.

E a chi arriva il bollettino? All’acquirente. Anche se la legge dice che dovrebbe pagare il venditore. Il motivo è un meccanismo previsto dal Codice civile che permette all’amministratore di chiedere i soldi anche a chi, in teoria, non è tenuto a pagare.
La questione è stata chiarita dalla sentenza n. 24236 del 30 agosto 2025, con cui la Cassazione ha indicato un principio chiaro: l’obbligo di partecipare alle spese condominiali straordinarie nasce quando viene approvata la delibera. Quindi, se la decisione arriva prima del rogito, il debito è del venditore. Ma questo non impedisce che, in pratica, i soldi vengano chiesti a chi compra. E da lì nasce il problema.
Perché l’acquirente finisce per anticipare le spese del venditore
Secondo l’articolo 63 delle disposizioni di attuazione del Codice civile, l’amministratore può chiedere all’acquirente le spese condominiali relative all’anno in corso e a quello precedente. Non importa chi era proprietario al momento della delibera. È un principio di solidarietà che tutela il condominio da eventuali morosità. Ma mette l’acquirente in una posizione scomoda: pagare prima e poi cercare di farsi rimborsare.

Un esempio concreto può aiutare a capire. Un condominio approva a marzo la sostituzione della caldaia centrale. Il rogito avviene a giugno. A settembre arriva la richiesta di pagamento. Anche se la delibera è precedente, e quindi la spesa spetterebbe al venditore, l’amministratore può inviare la richiesta al nuovo proprietario. Il quale, per evitare solleciti o more, spesso paga. E poi deve avviare un’azione di rivalsa.
Il problema è che non tutti inseriscono nei contratti clausole chiare in merito. Senza un accordo scritto, tutto si complica. Anche perché la legge tutela il condominio, non l’acquirente.
Come tutelarsi prima della firma del rogito
La prevenzione è l’unico vero strumento di difesa. Prima del rogito, è fondamentale chiedere i verbali delle ultime assemblee condominiali. Solo così si può sapere se ci sono spese approvate, anche se non ancora eseguite. Una mossa semplice che può evitare sorprese.
In fase di trattativa, è utile inserire una clausola nel contratto di compravendita. Le parti possono decidere che sarà il venditore a farsi carico delle spese deliberate prima del rogito. Oppure, in alternativa, si può trattenere una parte del prezzo presso il notaio come garanzia. In questo modo, se il venditore non paga, la somma può essere usata per saldare il debito condominiale.
Un altro strumento utile è la certificazione rilasciata dall’amministratore di condominio. Su richiesta, deve fornire una dichiarazione sullo stato dei pagamenti relativi all’unità immobiliare. È un documento prezioso, soprattutto quando ci sono dubbi o mancano informazioni chiare.
Nel dubbio, meglio perdere mezz’ora in più in fase di trattativa che ritrovarsi con un debito non previsto. La legge è dalla parte dell’acquirente, ma la prassi può giocare brutti scherzi.