La gestione di un montascale condominiale può sollevare dubbi e controversie, soprattutto quando non è chiaro a chi spettino gli oneri di manutenzione e riparazione. Se un impianto è stato donato al condominio, questo diventa parte comune e, di conseguenza, i costi devono essere ripartiti tra tutti i proprietari secondo i millesimi, indipendentemente dall’uso effettivo.
Capire come funziona la disciplina dei beni comuni è fondamentale per evitare di pagare spese non dovute. Il Codice civile, all’art. 1117, include tra le parti comuni anche gli impianti destinati a migliorare l’accessibilità, come nel caso dei montascale. Ciò implica che la loro gestione rientri tra le responsabilità condominiali. Allo stesso tempo, il DPR 162/1999 stabilisce l’obbligo di manutenzione periodica per tutti gli impianti di sollevamento, al fine di garantirne la sicurezza. La mancata esecuzione di controlli regolari può configurare una grave negligenza del condominio.

Molti casi simili sono stati affrontati dalla giurisprudenza: la Cassazione, con la sentenza n. 11392/2002, ha ribadito che l’uso di un bene comune da parte di un singolo non esclude la ripartizione collettiva delle spese, salvo diversa convenzione. È quindi importante distinguere se l’impianto sia formalmente diventato parte comune oppure rimasto ad uso esclusivo di chi lo aveva installato.
Quando il montascale diventa condominiale
Un montascale pagato da un singolo condomino può entrare a far parte dei beni comuni se formalmente donato al condominio. In questo caso, le spese di manutenzione e riparazione devono essere suddivise tra tutti i condomini secondo le tabelle millesimali, a prescindere dall’effettivo utilizzo. Se, invece, non vi è mai stata un’accettazione formale della donazione o un verbale assembleare che ne attesti l’inclusione tra le parti comuni, l’impianto rimane a carico di chi ne trae beneficio diretto.

Tuttavia, il semplice fatto che un condomino abbia pagato l’impianto e poi non lo utilizzi più non basta a renderlo un bene privato. Occorre verificare la documentazione: atto di donazione, delibere condominiali e registri dell’amministratore. In assenza di tali elementi, prevale il principio dell’art. 1117 c.c., che considera comuni le strutture necessarie a garantire la fruibilità e l’accessibilità dell’edificio.
Chi paga la manutenzione e le riparazioni
La normativa in materia di sicurezza degli impianti impone che i montascale siano sottoposti a manutenzione semestrale obbligatoria, con registrazione delle verifiche in un apposito libretto. Se il condominio ha omesso per anni tali controlli, non può scaricare la responsabilità economica su un singolo condomino. La Cassazione, in più sentenze, ha chiarito che le spese vanno ripartite tra tutti i comproprietari, anche se il bene viene utilizzato da pochi.
Nel caso di riparazioni straordinarie, l’amministratore può procedere d’urgenza, ma i costi vanno sempre suddivisi pro quota. Una richiesta di pagamento integrale a un solo nucleo familiare, solo perché ha sollecitato l’intervento, non trova alcun fondamento giuridico. Diverso sarebbe se il montascale non fosse mai stato acquisito come bene comune: in tal caso, gli oneri rimarrebbero a carico di chi ne trae uso esclusivo. Tuttavia, questa condizione deve essere dimostrata con documenti ufficiali e non con semplici consuetudini condominiali.
Le fonti normative – art. 1117 c.c., DPR 162/1999, circolari ministeriali e pronunce della Corte di Cassazione – confermano che il principio cardine resta la ripartizione collettiva delle spese condominiali per i beni comuni. Pertanto, una richiesta di pagamento esclusivo di 1.500 € a un singolo condomino appare priva di legittimità se il montascale è effettivamente entrato a far parte delle parti comuni dell’edificio.