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Spese per giacca e cravatta: 5 regole sconvolgenti sulla deducibilità fiscale che pochi conoscono

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Giacca, cravatta e tailleur per l’ufficio: possono davvero essere dedotti? La normativa e la giurisprudenza fanno chiarezza su quando il vestiario per lavoro può diventare una spesa fiscalmente riconosciuta.

Quando si parla di abbigliamento professionale la domanda che molti lavoratori e professionisti si pongono è se le spese per giacche, cravatte e tailleur possano essere portate in deduzione fiscale. La questione non è banale, perché il confine tra uso personale e utilizzo per motivi di lavoro è spesso sottile.

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La normativa italiana, come evidenziano le analisi di Il Sole 24 Ore e le circolari dell’Agenzia delle Entrate, si fonda sul principio di inerenza: una spesa è deducibile se ha un legame diretto con l’attività esercitata. Da qui nasce la differenza tra abiti considerati “di rappresentanza” e abiti tecnico-funzionali, come tute, camici o divise obbligatorie.

Eccezioni, giurisprudenza e contratti

Nonostante l’orientamento restrittivo dell’Agenzia delle Entrate, la giurisprudenza italiana ha offerto interpretazioni in parte divergenti. Sentenze di Commissioni Tributarie, come quelle di Brescia e Milano, hanno ribadito che le spese per abbigliamento ordinario non sono deducibili se gli abiti possono essere indossati anche al di fuori del contesto professionale. Tuttavia, in casi particolari, ad esempio nel mondo dello spettacolo o per specifiche figure di liberi professionisti, i giudici hanno riconosciuto una deducibilità parziale quando gli abiti sono parte integrante del contratto di lavoro. Una showgirl, ad esempio, ha ottenuto la possibilità di dedurre il 50% dei costi per abiti scenici perché considerati strumenti necessari alla sua attività, come riportato da Eutekne.

Eccezioni, giurisprudenza e contratti – trading.it

Altre sentenze, ad esempio nel Veneto, hanno sottolineato che l’abbigliamento può essere riconosciuto come deducibile se presenta caratteristiche di strumentalità, ovvero se non è utilizzabile in contesti privati. Rientrano in questa categoria le uniformi aziendali con logo, gli abiti da lavoro antinfortunistici, le toghe per avvocati e magistrati o i camici sanitari. In questi casi la deducibilità fiscale è totale e non contestata dal Fisco.

Regole pratiche e consigli per i professionisti

Per i lavoratori e i professionisti la regola generale rimane chiara: capi eleganti come giacche, cravatte o tailleur non sono considerati deducibili perché rappresentano spese a uso promiscuo. Questo significa che, anche se indossati ogni giorno per motivi di lavoro, non rientrano tra i costi che possono essere scaricati dal reddito. Diverso è il discorso per abiti legati a specifici obblighi contrattuali o a precise disposizioni aziendali: in tal caso è fondamentale che l’obbligo sia scritto e documentato. Fonti come Fisco e Tasse e Studio Montanaro ricordano che la deducibilità si fonda sulla capacità di dimostrare la connessione diretta tra l’abbigliamento acquistato e l’attività esercitata.

In termini pratici, per chi vuole portare in deduzione le spese per abbigliamento da lavoro è necessario conservare non solo la documentazione fiscale, ma anche eventuali regolamenti aziendali, contratti o disposizioni interne che rendano evidente l’obbligatorietà dell’abito. Le aziende, inoltre, possono optare per forniture centralizzate di divise con logo o tute da lavoro, così da ridurre al minimo i rischi di contenzioso con l’Agenzia delle Entrate. In conclusione, la regola resta restrittiva: l’abbigliamento ordinario non è deducibile, salvo che sia dimostrabile un vincolo contrattuale o tecnico che lo renda indispensabile e privo di utilizzo personale.

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