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Economia e Finanza

Stipendi: arrivano i tagli ma in alcuni casi si possono contestare

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Stipendi, se arrivano tagli, ci sono casistiche in cui è possibile contestarli. Scopriamo quando è possibile. 

Ogni mese, i lavoratori dipendenti ricevono puntualmente (o quasi) il loro stipendio, precedentemente concordato con il proprio datore di lavoro, pubblico o privato che sia.

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Ci sono delle casistiche in cui lo stipendio può subire delle riduzioni, che possono avere luogo per diverse ragioni. Viviamo in un periodo in cui imperversa una forte crisi economica, e questo non aiuta le aziende, che devono spesso fare i conti con delle difficoltà non da poco.

Dunque, possono esserci ragioni per eseguire dei tagli sugli stipendi. Tuttavia vi sono anche dei casi, che possono dare luogo a una contestazione dovuta ai tagli sullo stipendio. Quali sono questi casi, nel dettaglio? Scopriamolo insieme.

Stipendi, quando si possono contestare i tagli

Un esempio delle suddette casistiche, emerge da una recente della Corte Suprema di Cassazione, in cui un dirigente aveva fatto ricorso per aver subìto una riduzione dello stipendio.

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La Cassazione, con ordinanza 26320 del 9 ottobre, ha stabilito che un’intesa in cui sia prevista la riduzione dello stipendio, per problemi economici in azienda, non può essere avallato, ragion per cui è da considerare nullo, se non stipulato in sedi protette.

Il dirigente aveva fatto ricorso per far annullare, per l’appunto, un accordo concordato con l’ex azienda per cui lavorava, con cui gli avevano ridotto il compenso del 10%, per via della crisi economica in cui si trovava l’impresa.

La Corte Suprema ha riconosciuto che il dirigente si era dimesso per giusta causa, perché non veniva pagato; ha poi reso nullo l’accordo in cui l’azienda riduceva il compenso dell’uomo, al 10%, e rinuncia al TMCG del Ccnl; e infine, ha condannato l’impresa a versare le differenze di stipendio, Tfr e indennità preavviso.

Quello che la Corte ha in realtà tenuto a sottolineare, all’interno del verdetto, è che il salario non può essere ridotto, come prevede l’art. 2103 c.c.. Questo, «neppure a seguito di accordo tra il datore e il prestatore di lavoro e che ogni patto contrario è nullo in ogni caso in cui il compenso pattuito anche in sede di contratto individuale venga ridotto».

In sostanza, se si vuole ridurre lo stipendio al proprio lavoratore, lo si può fare solo in sedi protette, con la possibilità, per il dipendente, di farsi assistere da sindacalista o avvocato ecc. Se ciò non avviene, l’accordo è ritenuto nullo.

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