Le recenti parole del premier Draghi sul Superbonus hanno incontrato la disapprovazione di alcune forze di maggioranza. Cosa può succedere ora.
Cambiano le regole per la cessione del credito, viene rivista la scala di riduzione dell’agevolazione e, in fondo, le imprese attive per assolvere alla mansione ci sarebbero anche. Eppure, sembra proprio che il Superbonus 110% stia volgendo al tramonto prima del tempo.
Niente di particolarmente strano visto che il percorso della principale agevolazione edilizia è stato travagliato fin dal debutto. Con gli ultimi decreti, accanto alla proroga (specie in merito al cosiddetto Bonus villette), si è cercato di fissare i paletti sulle modalità di utilizzo e, nondimeno, sui tempi ancora a disposizione per poter utilizzare il 110%. Destinato per altro a diventare progressivamente una percentuale più bassa. Per quanto riguarda il Bonus villette, l’estensione dal 30 giugno al prossimo 30 settembre ha richiesto un intervento da oltre 14 miliardi di euro. Numeri che, però, non rispecchierebbero il reale stato d’animo dell’esecutivo nei confronti del Superbonus, almeno in base a quanto emerso dall’intervento del premier Mario Draghi alla plenario dell’Europarlamento. La ragione è semplice: il Superbonus “toglie l’incentivo a trattare sul prezzo”.
In pratica, pur di sfruttare l’agevolazione, clienti e imprese sarebbero disposte a fissarsi su un costo complessivo anche più di alto rispetto a quello che potrebbe essere. A rimetterci, quindi, sarebbe la logica del risparmio e della contrattazione. Con l’approvazione delle risorse del 2 maggio scorso, a ogni modo, si è scelto di andare avanti nonostante la reticenza di alcune forze interne alla maggioranza, convinte che il prezzo degli interventi edilizi e delle ristrutturazioni sia stato di fatto triplicato. Condizione che non renderebbe facili le cose nemmeno sul fronte della cessione dei crediti, la cui incertezza ha lasciato l’amaro in bocca in alcune forze politiche. Movimento 5 stelle in primis.
I pentastellati, pur dettisi soddisfatti per la proroga approvata negli ultimi giorni, hanno manifestato insoddisfazione per le incertezze ancora legate all’operazione di cessione del credito. Il M5s si è detto convinto che il metodo “stop and go” del Governo abbia penalizzato migliaia di imprese, impossibilitate a riscuotere i crediti per i lavori già completati. Altro nodo, quello legato alla “quarta cessione”, ossia la possibilità di ottenere un’ulteriore possibilità di cessione a fronte di tre già utilizzate. Pratica possibile solo tramite la banca presso la quale si è correntisti. Si tratta di una possibilità inclusa nel cosiddetto decreto Bollette, ritenuta però poco congrua da parte dei pentastellati. Questo perché le banche continuerebbero a respingere nuovi potenziali crediti fiscali, dopo aver raggiunto la soglia massima. L’obiettivo resta la semplificazione e, su questo fronte, si attende qualche modifica.
Tuttavia, una piccola frattura si è aperta. Anche se, per la verità, l’atteggiamento tenuto fin qui dal Governo nei confronti del Superbonus aveva dato più di qualche indizio circa l’effettiva stima dell’esecutivo verso l’agevolazione. In alcuni frangenti, a fronte di modifiche e interventi vari, la detrazione del 110% era stata di fatto sospesa. E anche le cessioni del credito non avevano avuto vita facile. Solo nelle ultime settimane è ripresa a pieno ritmo la gestione dei lavori e, quindi, delle risorse. Troppo poco, a quanto pare, per garantire la sopravvivenza effettiva del Superbonus. Misura che, rivendica il M5s, ha incassato l’approvazione dell’Unione europea a più riprese. Una freccia nella faretra dei sostenitori, sufficiente, a loro dire, per rendere giustificabile la prosecuzione. Si vedrà.
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