La salute dei cittadini al primo posto. Una disputa con il Governo che aveva mal visto un’iniziativa che riguarda i medici di famiglia.
Garantire la salute dei cittadini, a costo di rimandare la pensione, oppure di assicurare le proprie prestazioni anche quando per legge non si dovrebbe più. Questo il problema sollevato di fronte alla Corte Costituzionale.

Il medico di famiglia viene comunemente definito medico di fiducia o medico di base ed è un libero professionista scelto da ciascun cittadino per garantirsi una prima forma di assistenza esterna all’ospedale. Il medico di fiducia cura la salute dei suoi pazienti nel complesso, conosce ed educa i suoi assistiti ad uno stato di salute ottimale e mette a loro disposizione uno studio professionale, aperto per cinque giorni la settimana, di mattina o di pomeriggio.
L’apertura dell’ambulatorio è rimessa alla sua libera iniziativa e ha soltanto l’obbligo di comunicarla all’Azienda Sanitaria Locale, di esporre l’orario stabilito nella sala d’attesa o all’entrata. Ma cosa succede quando va in pensione e come lui molti altri che assicuravano un’assistenza medica sul territorio? La Corte Costituzionale ha emesso una sentenza che chiarisce la questione.
Medici di famiglia in pensione: possono continuare ad assistere i pazienti?
Il Governo ha detto la sua sull’articolo 1, comma 1, della legge regionale n. 12 del 20 agosto 2024 della Regione Autonoma della Sardegna. Con la sentenza n.84, depositata il 20 giugno, la Consulta ha dato ragione alla Regione.

“Apprendiamo con soddisfazione che oggi la Corte costituzionale ha respinto la questione di legittimità costituzionale in merito alla nostra legge regionale in cui si autorizzavano i medici di medicina generale in pensione ad aderire a progetti di assistenza primaria e continuità assistenziale” – ha detto la presidente Alessandra Todde. “Continuiamo a lavorare a testa alta nel solo interesse dei sardi e della Sardegna”.
La Corte Costituzionale nel rigettare il ricorso presentato dal Governo ha riconosciuto che, con la norma adottata, la Regione ha fatto quanto in suo potere per assicurare l’assistenza sanitaria di base anche a quei cittadini che vivono in territori sprovvisti di medici di medicina generale. Una misura organizzativa temporanea che va nella direzione della tutela della salute e che quindi è un esercizio legittimo delle competenze regionali in materia. La Consulta ha riconosciuto l’interesse delle Regioni ad adottare misure organizzative straordinarie e con valenza temporale circoscritta per rispondere alle criticità emerse sul territorio di loro competenza.