TARI, quando scatta davvero la prescrizione? La decisione sorprendente della Cassazione

La prescrizione della TARI è uno dei temi che più frequentemente genera dubbi tra i contribuenti. Capire da quando decorre e come incidono eventuali sospensioni dei termini è fondamentale per sapere se un debito può ancora essere riscosso dal Comune o se, invece, è ormai estinto.

La normativa sulla TARI si intreccia con le regole generali del Codice civile e con i provvedimenti straordinari legati all’emergenza sanitaria. La tassa sui rifiuti, essendo un tributo locale a carattere periodico, segue regole precise di prescrizione, che la Corte di Cassazione ha più volte ribadito.

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TARI, quando scatta davvero la prescrizione? La decisione sorprendente della Cassazione – trading.it

Tuttavia, l’applicazione di queste norme non sempre è chiara per i cittadini, che si trovano a fronteggiare notifiche e ingiunzioni anche a distanza di molti anni. Comprendere le differenze tra prescrizione quinquennale e decennale, nonché l’effetto delle interruzioni, è indispensabile per valutare correttamente la propria posizione.

Quando decorre la prescrizione della TARI

La prescrizione quinquennale della TARI decorre dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui il tributo doveva essere pagato. Ad esempio, per la tassa relativa al 2017, il termine parte dal 1° gennaio 2018 e scade il 1° gennaio 2023. A complicare il calcolo sono intervenute le sospensioni dei termini durante l’emergenza Covid-19. Il decreto “Cura Italia” aveva sospeso i termini dal 9 marzo al 31 maggio 2020, pari a 85 giorni: questo periodo si somma al termine originario, spostando in avanti la scadenza della prescrizione. Così, nel caso della TARI 2017, la data finale è slittata al 26 marzo 2023.

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Quando decorre la prescrizione della TARI – trading.it

Un aspetto fondamentale riguarda gli atti interruttivi: un avviso di accertamento, una cartella esattoriale, un’intimazione di pagamento o un pignoramento notificati dal Comune interrompono la prescrizione e fanno ripartire il conteggio da zero per ulteriori cinque anni. Ciò significa che, anche se il termine era vicino alla scadenza, un nuovo atto notificato regolarmente rimette in gioco il credito tributario.

L’orientamento della Cassazione e i casi particolari

La giurisprudenza più recente ha confermato l’applicazione del termine breve di cinque anni. Con la sentenza n. 17667 del 26 giugno 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito che la riscossione coattiva della TARI rientra nei tributi locali periodici, per i quali vale l’articolo 2948, n. 4, del Codice civile. Pertanto, non può applicarsi il termine ordinario di dieci anni, valido invece per i tributi erariali come le imposte sui redditi o l’IVA. La Corte ha così smentito alcune pronunce di giudici di merito che avevano erroneamente applicato la prescrizione decennale anche alla tassa sui rifiuti.

Esistono tuttavia casi particolari in cui la prescrizione può allungarsi: ciò accade quando il pagamento è imposto da una sentenza. In questo scenario, il debito segue il termine ordinario decennale, poiché deriva da un titolo giudiziario e non direttamente dall’obbligazione tributaria periodica. Per la maggior parte delle situazioni pratiche, però, la prescrizione resta quinquennale, salvo interruzioni formali.

Il contribuente che riceve un’ingiunzione o un atto di riscossione deve quindi verificare con attenzione le date: l’anno di riferimento della tassa, l’eventuale sospensione per Covid, e la presenza di atti interruttivi. Solo così è possibile capire se il debito è ancora valido o se la pretesa del Comune è ormai prescritta. Le fonti ufficiali – decisioni della Cassazione, circolari ministeriali e norme del Codice civile – offrono un quadro preciso che, però, richiede un’attenta interpretazione alla luce del singolo caso concreto.

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