Quando una striscia di terreno viene occupata per realizzare una strada pubblica senza esproprio formale, i proprietari restano ancora titolari catastali. Questo genera dubbi su come regolarizzare la situazione e sugli obblighi fiscali da rispettare.
Il caso di un terreno ereditato, di cui una parte è stata usata decenni fa dal Comune per allargare la viabilità, è tutt’altro che raro. Se l’esproprio non è stato perfezionato con un atto formale, al Catasto il bene resta intestato ai privati, anche se di fatto è ormai parte della sede stradale. Questo comporta la presenza della particella nel 730 precompilato e il relativo obbligo di versare l’IRPEF, seppur minima. Molti proprietari si trovano quindi a pagare tasse su terreni che non possono più utilizzare, con la difficoltà aggiuntiva di regolarizzare la posizione.

I Comuni, spesso, non hanno interesse ad avviare procedure di acquisizione retroattiva, rimandando l’onere ai cittadini stessi. In questi casi, il problema non è solo fiscale, ma anche di natura patrimoniale, perché la proprietà formalmente resta a carico degli eredi e dei loro discendenti.
La natura giuridica dell’occupazione e le conseguenze fiscali
In base al diritto amministrativo, l’occupazione senza titolo di un bene privato da parte della pubblica amministrazione è una situazione irregolare, ma che si è consolidata nel tempo. La giurisprudenza distingue tra espropriazione, che richiede un procedimento formale con indennizzo, e occupazione usurpativa, che si verifica quando manca il decreto di esproprio. In questo caso, l’ente pubblico continua a utilizzare il terreno come strada, ma la titolarità resta in capo ai privati. Dal punto di vista fiscale, il Catasto non si adegua automaticamente e continua a riportare la particella tra quelle di proprietà degli eredi.

L’Agenzia delle Entrate imputa quindi al proprietario l’obbligo dichiarativo, anche per importi irrisori, come avviene nelle dichiarazioni dei redditi. Questo spiega perché la particella appaia ancora nel 730 precompilato e generi un’imposta minima, pur essendo inutilizzabile. Pagare l’IRPEF, in questi casi, è un adempimento formale per non incorrere in omissioni, anche se il bene non è più sfruttabile.
Le strade per la regolarizzazione
Dal punto di vista pratico, esistono due possibili strade per regolarizzare la situazione. La prima è promuovere, a proprie spese, un atto di cessione a titolo gratuito al Comune, sostenendo i costi notarili e catastali, spesso di alcune centinaia di euro. Questa scelta libera definitivamente i proprietari da oneri futuri e chiarisce la titolarità dell’area. La seconda opzione è continuare a mantenere la proprietà formale, pagando le imposte minime e riportando la particella in dichiarazione.
Alcuni esperti di diritto amministrativo ricordano che, data la vetustà dell’occupazione e l’assenza di atti formali, non è semplice ottenere una sanatoria d’ufficio: la pubblica amministrazione non ha obbligo di attivarsi, soprattutto se non intende sostenere i costi di acquisizione. In ogni caso, la decisione spetta ai proprietari, che devono valutare la convenienza economica: sostenere un costo immediato per regolarizzare definitivamente o continuare a gestire la situazione fiscalmente, con oneri di entità molto contenuta.