La sentenza n. 14063 del 27 maggio 2025 conferma che la revoca dal testamento ha retroattività, cosa significa.
La Cassazione tratta il tema dell’imposta di successione dal caso di un soggetto prima designato come erede di un testamento, poi revocato da disposizioni successive. La revoca dal testamento ha effetto retroattivo, vuol dire che annulla la vocazione ereditaria iniziale, privando di efficacia anche una possibile accettazione implicita. Così, cade il presupposto per l’imposizione tributaria.
Il caso nasce da un avviso di liquidazione notificato dall’ADE in cui si contestava al contribuente l’imposta di successione per l’eredità universale dal testamento pubblicato il 29 gennaio 2020 con presentazione conseguente di dichiarazione di successione il 16 giugno.
Il contribuente impugnava, perché non ha mai accettato l’eredità, e di essere quindi un “mero chiamato”. Faceva valere la pubblicazione successiva di due testamenti olografi, tutti e due posteriori a quello del 2019, in cui l’erede era un’altra persona.
Ma la Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso, quella invece di Secondo Grado lo accoglieva. La decisione di questa si fondava sul fatto che tra più testamenti, è valido l’ultimo in termini temporali. Per la Corte regionale, il De Cuius, aveva redatto all’inizio un testamento olografo a favore del contribuente il 18 aprile 2019, ma dopo erano stati pubblicati due testamenti che nominavano un terzo che aveva accettato l’eredità il 4 settembre 2020 con dichiarazione di successione.
Subentra il ricorso dell’ADE in Cassazione, la difesa del contribuente, e la pronuncia finale che pone un’interpretazione definitiva sul testamento e la sua retroattività.
L’ADE faceva ricorso per violazione e falsa applicazione deli artt. 1 e 43 del DLGS n. 346/1990, poiché l’imposta di successione deve applicarsi ai trasferimenti testamentari anche se il testamento è oggetto di impugnazione. Inoltre, la dichiarazione di successione, sarebbe un atto di accettazione.
Per la stessa c’è la violazione degli articoli 295 c.p.c. e 39, comma 1, del DLGS. n. 546/1992. Perché il giudizio avrebbe dovuto essere sospeso in attesa della definizione della causa civile sulla validità del secondo testamento.
La Corte avrebbe per sbaglio escluso che il contribuente avesse assunto la qualità di erede. Aveva compiuto atti dispositivi su beni ereditari, avviato cause civili sulla validità dei successivi testamenti, e posto cessioni di credito.
Nel contro-ricorso il contribuente contestava un’eccezione di inammissibilità per la violazione dell’art. 366 c.p.c., ritenendo che il ricorso all’ADE fosse carente di chiarezza. Visto che il primo testamento era stato revocato da atti successivi, non poteva fondare una chiamata ereditaria e i suoi doveri.
Con sentenza n. 14063 la Cassazione rigetta il ricorso dell’ADE. Si sostanzia la revoca espressa ai sensi dell’art. 680 c.c., qui era evidente dato che testamenti successivi attribuivano i beni a un altro erede e uno trattava revoca espressa.
Artt. 587 e 679 c.c., la revoca è un atto unilaterale non recettizio con effetti retroattivi: annulla la validità giuridica delle disposizioni precedenti fin dall’apertura della successione. Il primo testamento è come se non fosse mai esistito, e non c’è soggettività passiva con la sola accettazione. Se viene revocata la vocazione ereditaria, manca il presupposto stesso di essere erede o chiamato.
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