Una recente ordinanza della Corte di Cassazione cambia i rapporti tra contribuente e Agenzia delle Entrate. Con la sentenza n. 27118/2025 i giudici hanno stabilito che, in caso di contabilità inattendibile, il Fisco può ricostruire i redditi sulla base di presunzioni e spostare l’onere della prova sul contribuente. Una decisione che rafforza gli strumenti di contrasto alle frodi fiscali e impone maggiore attenzione nella tenuta delle scritture contabili.
La questione della contabilità e del suo valore probatorio nei confronti dell’Agenzia delle Entrate rappresenta da sempre un terreno delicato per imprese e professionisti. L’ordinanza della Cassazione n. 27118/2025, depositata il 9 ottobre, segna un punto di svolta: in presenza di scritture contabili incomplete, mendaci o non attendibili, il Fisco non è più tenuto a dimostrare con prove dirette l’esistenza di redditi occultati, ma può ricorrere a presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti.

Questo significa che spetta al contribuente provare l’esattezza della propria contabilità e dimostrare che non esistono ricavi in nero. Secondo i dati del Ministero dell’Economia, ogni anno l’evasione fiscale legata a fatture false e operazioni inesistenti pesa per miliardi di € sulle casse pubbliche. La pronuncia della Cassazione si inserisce in questa cornice, rafforzando gli strumenti di accertamento e introducendo un’inversione dell’onere della prova che potrebbe incidere su migliaia di contenziosi.
Accertamento analitico-induttivo e presunzioni fiscali
La base normativa dell’ordinanza è l’art. 39 del D.P.R. 600/1973, che disciplina l’accertamento analitico-induttivo. Questo strumento consente all’Agenzia delle Entrate di ricostruire la base imponibile a partire da elementi certi e presunzioni semplici, a condizione che rispettino i requisiti dell’art. 2729 c.c. Nel caso esaminato, una società era stata accusata di utilizzare fatture false emesse da imprese cartiere, prive di attività reale, per abbattere l’imponibile fiscale. La Guardia di Finanza aveva raccolto elementi indiziari come rapporti commerciali inesistenti e discordanze IVA, ritenuti sufficienti per ricostruire i redditi.

La Commissione tributaria regionale aveva annullato l’accertamento, ma la Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando che la semplice inattendibilità della contabilità legittima il ricorso alle presunzioni. In termini pratici, questo significa che al contribuente non basta criticare il metodo di calcolo adottato dal Fisco, ma deve dimostrare con documenti e prove concrete che i redditi ricostruiti non corrispondono alla realtà.
Casi pratici e conseguenze per imprese e professionisti
Un esempio concreto riguarda un’azienda che dichiari un fatturato ufficiale di 200.000 € ma presenti costi sproporzionati per 180.000 €, sostenuti con fatture di fornitori inesistenti. In simili circostanze, l’Agenzia delle Entrate può presumere che parte di quei costi siano fittizi e ricostruire un reddito imponibile più elevato. Se l’impresa non fornisce prove adeguate, la presunzione si trasforma in base imponibile effettiva. Un altro caso riguarda commercianti che dichiarano ricavi molto bassi rispetto al volume delle spese documentate: scostamenti evidenti tra entrate e uscite possono essere utilizzati come presunzioni idonee a fondare un accertamento.
Secondo la Corte, l’onere della prova passa quindi al contribuente, che deve dimostrare che tali scostamenti hanno una giustificazione lecita, ad esempio con documentazione bancaria o contratti. Questo orientamento rafforza la lotta a evasione e frodi fiscali, ma comporta anche rischi per imprese corrette con contabilità disordinate. Come osservano esperti tributaristi citati da Il Sole 24 Ore, la minima incongruenza nei registri può diventare il punto di partenza per accertamenti invasivi e difficili da contestare. Per questo motivo, la Cassazione richiama l’importanza di una gestione contabile rigorosa e trasparente, poiché la mancata attendibilità delle scritture equivale a cedere all’amministrazione finanziaria il potere di ricostruire il reddito imponibile attraverso presunzioni.