Utenze staccate, ma la TARI resta: il dettaglio che fa la differenza

Una casa chiusa, niente luce, niente gas, niente acqua. Nessuno che ci viva davvero. Eppure, ogni anno, arriva puntuale quella tassa fastidiosa. Ti chiedi se c’è un errore, se magari basta una telefonata o un modulo per sistemare tutto.

Ma c’è un dettaglio, spesso sottovalutato, che può rendere tutto più complicato. E no, non riguarda solo le utenze. Il punto chiave si nasconde in una parola che pesa più di qualsiasi contatore staccato: residenza.

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Molti si ritrovano in questa situazione: un immobile vuoto, magari ereditato o in attesa di essere venduto. Per limitare i costi, si disattivano tutte le utenze. Una scelta logica. Eppure, la TARI, ovvero la tassa sui rifiuti, continua ad arrivare. Perché? Perché, secondo molti Comuni, basta la residenza anagrafica per considerare la casa ancora “abitata”.

Perché la residenza fa scattare il pagamento della TARI

La legge prevede che la TARI si paghi per tutti i locali in grado di produrre rifiuti. Ma attenzione: non importa se quei rifiuti vengono effettivamente prodotti. Basta che il locale sia “suscettibile” di farlo. E per la maggior parte dei Comuni, la residenza è la prova che quel luogo è abitato e potenzialmente in uso.

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Anche se hai staccato luce, gas e acqua, finché risulti residente lì, il Comune ti considera occupante. Questo perché la residenza anagrafica crea una presunzione legale di utilizzo. È un po’ come dire: “Se abiti lì sulla carta, allora quella casa è tua e la usi”. Anche se nella realtà non ci metti piede da mesi.

Un caso comune? Chi va a vivere con il partner ma mantiene la residenza nella vecchia casa vuota. Oppure chi ha ereditato l’appartamento dei genitori, lo ha svuotato e ha disdetto le utenze, ma non ha ancora cambiato la propria residenza. In entrambi i casi, per il Comune quella casa è ancora “abitata” e dunque soggetta a TARI.

Molti regolamenti locali confermano questa impostazione. Alcuni Comuni chiedono anche che non ci siano né arredi né contatori. In pratica, per dimostrare che una casa è davvero inutilizzabile, devi fare molto di più che staccare le utenze. Serve svuotarla completamente e cambiare anche residenza.

Quando staccare le utenze non basta (e cosa guardano i Comuni)

Il problema è che le utenze, da sole, non bastano a far decadere l’obbligo della TARI. Se la casa è ancora arredata o anche solo parzialmente utilizzabile, e soprattutto se ci sei ancora residente, il Comune continuerà a chiederti la tassa. In alcuni casi, nemmeno la mancanza di consumo viene presa in considerazione. L’unico modo per interrompere il pagamento è dimostrare che l’immobile è del tutto inabitabile.

Serve quindi fare attenzione non solo alla gestione delle utenze, ma anche alla propria posizione anagrafica. Per molti, spostare la residenza può sembrare un dettaglio burocratico. In realtà è spesso la chiave per evitare di continuare a pagare tasse inutili.

Infine,  un altro caso emblematico ha riguardato un cittadino italiano residente all’estero, iscritto all’AIRE, che possiede un immobile in Italia. Nonostante l’immobile sia vuoto e senza utenze attive, il Comune ha continuato a richiedere il pagamento della TARI. Questo perché, secondo la normativa vigente, l’immobile è considerato suscettibile di produrre rifiuti finché non viene dichiarata la cessazione dell’occupazione o dell’uso, indipendentemente dalla presenza effettiva di residenti o dall’uso dell’immobile.

Si raccomanda comunque di consultare sempre i regolamenti comunali.

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