Molti iniziano a pensarci solo quando la pensione è dietro l’angolo. Ma l’anzianità contributiva non è qualcosa da lasciare al caso. Basta una svista o un periodo non valorizzato per ritrovarsi a dover lavorare più del previsto o con un assegno più basso. Il rischio è concreto, ma anche evitabile. Esistono strumenti e tutele riconosciute dalla legge che permettono di rafforzare la propria posizione previdenziale, anche negli ultimi anni di lavoro. Ed è qui che entra in gioco la consapevolezza: sapere cosa si può fare può fare la differenza.
A volte si pensa che i contributi siano solo una questione di tempo passato in azienda. In realtà, ogni fase della vita, studio, disoccupazione, servizio militare, lavori saltuari, può essere valorizzata se si scelgono le opzioni giuste.

E anche se la pensione sembra vicina, c’è margine per agire in modo intelligente.
Riscatti e ricongiunzioni: recuperare anni e non perdere nulla
Il riscatto della laurea è una delle scelte più comuni per aumentare l’anzianità contributiva. È ciò che ha fatto Marta, insegnante 62enne, riscattando i suoi quattro anni di studio con il sistema agevolato. Ha potuto rateizzare il pagamento e quei quattro anni ora le permettono di accedere alla pensione anticipata.

Anche il riscatto dei periodi non coperti da contribuzione, fino a un massimo di cinque anni, è previsto per chi ha vuoti nella carriera, purché si tratti di periodi dopo il 1996 e non sovrapposti ad altri contributi. È una soluzione utile soprattutto per chi ha iniziato a lavorare tardi o ha avuto pause tra un impiego e l’altro.
Poi c’è la ricongiunzione dei contributi, come nel caso di Giovanni, ex dipendente pubblico oggi nel settore privato. Ha unificato i suoi versamenti in un’unica gestione INPS, evitando che anni importanti restassero isolati. In alternativa, il cumulo gratuito dei contributi consente di sommare le annualità senza costi, sebbene il calcolo finale della pensione sia meno vantaggioso in certi casi.
Chi ha lavorato all’estero, in paesi senza convenzioni con l’Italia, può valutare il riscatto dei periodi esteri: una strada costosa ma prevista dalla normativa per non perdere quegli anni.
Strategie accessibili per colmare i vuoti contributivi
Luisa, dopo vent’anni di lavoro stabile, si è fermata per seguire un familiare malato. In quel periodo non ha versato nulla. Ha quindi scelto i contributi volontari, coprendo due anni con versamenti proporzionati al suo precedente reddito. Una scelta che ha ricostruito la sua anzianità contributiva senza dover tornare sul mercato del lavoro.
Un’opzione automatica, ma spesso trascurata, è quella degli accrediti figurativi: periodi di maternità, congedi parentali, disoccupazione (NASpI), servizio militare o malattia vengono riconosciuti dall’INPS. Ad esempio, Marco ha fatto valere il servizio militare svolto negli anni ’80, recuperando un anno utile alla pensione senza costi.
Anche medici e specializzandi possono chiedere il riscatto dei periodi di specializzazione o dottorato, riconosciuti a fini previdenziali.
Ogni situazione è diversa, ma il quadro normativo è più ricco di quanto si pensi. Agire anche a pochi anni dalla pensione può significare trasformare anni apparentemente “persi” in un futuro più stabile. Basta solo iniziare dal proprio estratto conto contributivo e da lì costruire una strategia su misura, anche con l’aiuto di un patronato.