Quando un titolo di Stato garantisce un rendimento netto del 3,11%, l’interesse si accende e le valutazioni diventano inevitabili. Non è solo una percentuale, ma una promessa di stabilità in un contesto economico che spesso sfugge al controllo.
Il BTP ottobre 2035 emesso dal MEF ha ottenuto richieste per oltre 3,4 miliardi di euro e questo dato non può essere ignorato.
Cedola fissa, elevata liquidità, sicurezza apparente: elementi che rassicurano, ma nascondono anche un lato da considerare con attenzione. Ogni investitore si chiede se valga davvero la pena legarsi per dieci anni a un titolo che offre certezze, ma anche esposizione ai tassi.

Nel frattempo, il mercato osserva, compra e bilancia tra guadagno sicuro e rischio silenzioso. E in tutto questo, il risparmiatore medio si trova davanti a una scelta che sembra semplice, ma forse non lo è.
L’emissione del BTP con scadenza 1° ottobre 2035 ha dimostrato ancora una volta quanto forte sia la domanda di strumenti ritenuti sicuri, con un rendimento netto che supera il 3%. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha collocato 2 miliardi di euro, massimo previsto nella forchetta stabilita, e la domanda ha superato le aspettative. Il prezzo di aggiudicazione, pari a 100,1, ha fissato un rendimento lordo del 3,62%, mentre il netto effettivo, secondo i dati Assiom Forex, si attesta al 3,11%.
Il fascino di questo strumento sta nella sua combinazione: durata decennale, flussi cedolari semestrali regolari e un tasso interessante. Tuttavia, ogni scelta porta con sé un margine di rischio, e nel caso di un BTP a lunga scadenza non si tratta solo di cifre, ma di equilibrio tra orizzonte temporale e pazienza.
Perché il BTP 2035 è uno degli strumenti più richiesti dagli investitori che cercano stabilità rendimenti netti interessanti e facile liquidabilità
Il primo elemento che spicca è il rendimento. In un periodo in cui i conti deposito si fermano a tassi decisamente più bassi, avere accesso a un titolo di Stato che rende il 3,11% netto rappresenta un’opportunità concreta. Il vantaggio principale è dato dalla prevedibilità: le cedole vengono pagate ogni sei mesi e offrono un flusso costante, molto apprezzato da chi ha un orizzonte di investimento definito e cerca entrate fisse.

Altro aspetto centrale è la liquidità del titolo. Con un volume in circolazione che ha superato i 20 miliardi di euro, il BTP ottobre 2035 si scambia facilmente sul mercato. Questo consente di uscire dall’investimento prima della scadenza, nel caso servissero risorse, senza grandi difficoltà. La domanda elevata nell’asta del 26 settembre (rapporto di copertura 1,71) testimonia una forte fiducia degli investitori istituzionali e retail.
Infine, il livello della cedola lorda annua, pari al 3,65%, offre un ritorno competitivo se confrontato con altri titoli della stessa durata. La stabilità dello strumento, unita alla trasparenza nella gestione e all’assenza di costi impliciti, ne fanno un’opzione ideale per chi preferisce evitare strumenti più complessi o rischiosi. La fiducia nei titoli di Stato italiani, in questo contesto, rimane alta e solida.
Il rischio spesso sottovalutato nei BTP a lunga durata come quello del 2035 legato alla volatilità dei tassi e alla possibile perdita in caso di vendita anticipata
Tuttavia, ogni vantaggio porta con sé un potenziale limite. Il BTP 2035 presenta una duration modificata di 8,03: ciò significa che è molto sensibile alle variazioni dei tassi d’interesse. In pratica, se i rendimenti di mercato dovessero salire, il valore del titolo potrebbe scendere, anche in modo significativo. Per chi intende tenerlo fino a scadenza, questo impatto non si manifesta. Ma per chi prevede di venderlo prima, potrebbe ritrovarsi a incassare meno del previsto.
Un caso concreto potrebbe essere quello di un investitore che, nel 2027, decide di disinvestire per far fronte a una spesa imprevista. Se in quel momento i tassi fossero saliti, il prezzo del BTP potrebbe essersi ridotto, con una conseguente perdita in conto capitale. Non si tratta di una situazione rara, ma di una dinamica comune nei titoli a lunga scadenza, soprattutto in un contesto economico soggetto a scelte improvvise delle banche centrali.
È per questo che l’aspetto psicologico diventa rilevante. La tranquillità garantita dal flusso cedolare può venire intaccata da oscillazioni impreviste del valore di mercato. Non tutti gli investitori sono disposti a tollerare tale volatilità, e l’ansia che ne deriva può portare a decisioni affrettate. È bene ricordare che i titoli di Stato non sono esenti da rischi e, sebbene offrano protezione nel lungo periodo, nel breve possono esporre a scenari meno favorevoli.