Il BTp Italia 2030 è nato in piena emergenza inflattiva, oggi si muove in uno scenario opposto e costringe a rileggere numeri, rendimenti e funzioni di questo strumento con una logica diversa rispetto al passato recente.
Quando si parla di titoli di Stato indicizzati, di inflazione, di protezione del potere d’acquisto e di mercato obbligazionario, il BTp Italia 2030 rappresenta un caso emblematico.

Non è solo una questione di cedole più basse o di rendimenti apparenti: dietro questo bond si intrecciano aspettative macroeconomiche, scelte fiscali, rischi geopolitici e un modo diverso di valutare gli investimenti difensivi.
BTp Italia 2030: cos’è oggi e perché va interpretato “al contrario”
Il BTp Italia 2030, identificato dal codice ISIN IT0005497000, debutta sul mercato a fine giugno 2022, nel pieno di una fase di forte accelerazione dei prezzi al consumo. L’inflazione italiana correva verso livelli che nei mesi successivi avrebbero sfiorato il 12% annuo. In quel contesto, il titolo conquistò rapidamente la fiducia dei risparmiatori grazie alla sua struttura indicizzata all’indice FOI dell’ISTAT, pensata per offrire una tutela diretta contro l’aumento del costo della vita.
La prima cedola semestrale, staccata nel dicembre 2022, risultò particolarmente elevata: 72,33 euro lordi ogni 1.000 euro nominali, pari a un rendimento superiore al 7%. Un dato che oggi appare lontanissimo se confrontato con la cedola dello stacco previsto per il 28 dicembre, ferma allo 0,91%. Questo scarto alimenta i dubbi di chi lo acquistò all’emissione e di chi valuta un ingresso ora, in un contesto di inflazione italiana scesa all’1,2% annuo, ben sotto la media dell’Eurozona.
Ed è proprio qui che il BTp Italia 2030 cambia prospettiva. Quando l’inflazione risulta elevata, il titolo diventa costoso rispetto alle alternative a cedola fissa. Quando invece l’inflazione si riduce e la domanda cala, il prezzo incorpora aspettative più contenute. Sul Mercato Obbligazionario Telematico di Borsa Italiana, da inizio ottobre il titolo ha scambiato per meno di 212 milioni di euro su un ammontare complessivo di 9,44 miliardi, segnale di un interesse più tiepido da parte del pubblico retail.
Eppure, proprio questa fase rende il BTp Italia 2030 uno strumento da “leggere al contrario”. Il mercato oggi sconta un’inflazione media contenuta fino alla scadenza del 2030. Il titolo tratta intorno a 101, sopra la pari, e offre un rendimento a scadenza dell’1,41%, contro il 2,80% circa di un BTp a tasso fisso di durata simile. La differenza, pari a circa 1,40%, rappresenta la stima implicita dell’inflazione futura.
Guardando ai numeri complessivi, il titolo ha già distribuito 160,44 euro lordi ogni 1.000 euro nominali, che diventano 140,39 euro netti, per un rendimento del 14,04%. Nello stesso periodo, l’inflazione cumulata si è fermata al 10,4%, garantendo così un rendimento reale positivo. Questo dato chiarisce la funzione principale del BTp Italia: non massimizzare il guadagno nominale, ma proteggere il capitale in scenari avversi.