Nonostante le cedole elevate, il problema dell’inflazione continua ad allontanare gli investitori dai Titoli di Stato italiani, che si svalutano progressivamente. Esistono alternative?
I Buoni del Tesoro hanno fatto parlare di sé in questi mesi per il rialzo progressivo delle cedole. Ma la possibilità di compensare l’inflazione sul lungo periodo è prerogativa anche di alcuni BTP emessi quasi 25 anni fa.
È il caso dei BTP a 30 anni con scadenza 1 novembre 2027 e cedola 6,50% la cui prima emissione ancora in lire risale alla fine del 1997. La sorpresa è che nonostante la scadenza relativamente vicina, questo BTP quota oggi poco più di 119; un rendimento del capitale maggiorato del 19% per chi avesse acquistato il titolo alla pari.
Oltre questo il BTP che scadrà tra poco più di cinque anni ha oggi un rendimento cedolare netto del 2,11% aumentato costantemente negli ultimi sei mesi fino ai valori attuali. Un buon modo per proteggere il portafoglio con un titolo di Stato ordinario che può ancora riuscire a compensare l’inflazione che dovrebbe tornare entro il target del 2% nei prossimi anni. Il flusso di reddito diventa positivo solo se acquistato alla pari, viceversa c’è da scontare al valore finale del capitale la differenza con il prezzo nominale pari a 100.
Nel medio, lungo termine non sembrano esserci alternative migliori se si cercano titoli a basso rischio e restituzione del valore nominale garantito. I rendimenti restano decisamente inferiori all’inflazione e occorre una strategia di ingresso ponderata con un obbiettivo di lungo periodo. È verosimile che l’Ue e le economie occidentali torneranno nei prossimi anni a livelli di crescita, che possono rendere appetibili quest’anno questo tipo di obbligazioni. Quando i mercati finanziari si saranno stabilizzati i rendimenti torneranno a scendere e i prezzi a salire. Meglio pensarci in questi mesi.
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