L’ordinanza n. 22552 dello scorso 4 agosto ha buone notizie per i giorni di assenza per i lavoratori, cosa cambia.
Si parla di un nuovo calcolo per i giorni di assenza dei lavoratori. La notizia implica che alcuni di questi non saranno soggetti a calcolo. La conferma piace non poco alle persone che rientrano in determinate casistiche. Significa perdere meno soldi? Ne parla la Cassazione nell’ordinanza n. 22552 del 4 agosto 2025, una svolta che merita un’adeguata attenzione e comprensione.

La conferma è ufficiale, nell’ordinanza n. 22552 della Cassazione è stato stabilito che i periodi di assenza dal lavoro dovuti al Covid-19 non verranno calcolati nel periodo di comporto. L’interpretazione è estensiva, ed ha stabilito che la normativa seguirà questo iter.
La decisione è frutto di un caso trattato, quello del licenziamento di un dipendente che aveva superato il periodo di assenza in questione. Ma la Cassazione ha deciso a favore del singolo, una pronuncia assunta non per propria iniziativa, bensì dopo aver analizzato un’altra dichiarazione fatta dalla Corte d’Appello.
Essa aveva infatti accolto il ricorso di un lavoratore licenziato per aver superato il periodo di comporto, e questo causa delle tantissime assenze legate al Covid-19. Tale situazione vale sempre in ogni caso?
Interpretazione giurisprudenziale, cosa succede ai giorni di assenza dei lavoratori
Analizzata l’interpretazione giurisprudenziale di carattere “estensivo”, bisogna tenere conto di cosa succede ai giorni di assenza dei lavoratori che si sono ritrovati in una situazione simile al caso in esame descritto nel paragrafo precedente.

A dar voce alla questione sono i giudici che hanno interpretato l’art. 26 comma 1 del DL n. 18/2020, poi convertito in Legge n. 27/2020, in maniera appunto estensiva. Si dice così, perché la norma stabiliva che solo la quarantena sarebbe potuta essere equiparata a malattia senza essere calcolata nel comporto.
Nei fatti però questa regola era limitante e discriminante per le persone che a causa sempre del virus, si sono dovute assentare dal lavoro per le loro condizioni precarie e di rischio di contagio.
Infatti, per la Cassazione era evidente che sarebbe stato più giusto estendere questa esclusione a tutte le assenze causate da virus, anche se non esplicitamente dovute a quarantena o isolamento domiciliare.
La motivazione della sentenza è stata data dalla constatazione che la normativa era finalizzata a contenere la pandemia e a tutelare sia i lavoratori che i datori di lavoro implicati. Quindi, era necessaria una decisione più egualitaria e a tutela dei cittadini che, come nel caso sopra indicato, sono stati licenziati dal posto di lavoro.
Per cui per la Cassazione è stato ritenuto illegittimo il licenziamento del lavoratore, dato che le sue assenze legate al Covid-19 non andavano calcolate nel periodo di comporto.