Recuperare soldi con le Carte revolving è possibile, ecco come fare: lo spiega la Cassazione nella sent. n. 12838.
Avere un credito che si ricostituisce mediante i rimborsi, è questa la logica delle Carte revolving. Come fare lo spiega la Cassazione nella sentenza dello scorso maggio, ma bisogna capire come fare, altrimenti si perde tutto.

Avere una carta di credito che fornisce un linea di credito rotativa che permette di fare acquisti poi rimborsabili in rate, è una forma di rifinanziamento che fa recuperare tanti soldi. La sentenza n. 12838 di maggio, ha rivoluzionato questo panorama. Sono ovviamente sorti dubbi e rischi sulla possibilità di recuperare, ma si può fare.
Questa opportunità comunque condiziona direttamente le azioni e la tutela dei consumatori. I mutamenti normativi e giurisprudenziali vanno analizzati, proprio per capire quale strada verrà assunta. La Cassazione ha disposto, mediante la sentenza citata, la nullità di alcuni contratti di apertura di credito “revolving” laddove figurino delle violazioni procedurali normative.
Gli effetti delle Carte revolving, come gestirli senza commettere errori
È bene individuare i limiti di legittimità di questi strumenti di matrice finanziaria. Un assetto che impone una riflessione mirata per chi riconosce la possibilità di concretizzare una controversia nei riguardi dell’Istituto finanziario, ma anche per chi vorrebbe percorrere vie alternative. Gli effetti delle Carte revolving, come agire.

Tale nullità si applicherebbe solo a specifiche clausole legate a interessi e costi accessori. L’obbligo di restituire il capitale finanziario permane, ma comunque il debitore avrà diritto a restituire l’ammontare dovuto con gli interessi legali, ai sensi dell’ex art. 1284 c.c.. Si escludono quelli nulli stabiliti per contratto.
Le società finanziarie sono preoccupate perché non sono nelle condizioni per stimare la portata del contenzioso. Il rimborso degli interessi e delle spese già versate, potrebbe a sua volta ridurre il debito residuo, o comunque permettere a chi ha già estinto il debito, di avere la restituzione delle somme già pagate in eccesso.
Prima di decidere di fare causa, bisognerebbe avere chiarezza sulla contabilizzazione precisa degli interessi e delle spese che si possono recuperare dall’ente erogante. Questo con il supporto di un legale esperto. Confrontare l’importo che si può recuperare con i costi della causa, e i rischi. Si persegue questa via quando la somma che si contesta è importante e il rischio economico è gestibile.
Tra i costi legali ci sono quelli dell’avvocato, perizia, amministrativi e contributo unificato. Da non sottovalutare la durata della procedura, e il fatto che non c’è uniformità interpretativa. Vige un po’ di incertezza.
Un’alternativa è l’Arbitrato Bancario Finanziario, ABF, con costi ridotti e tempi che oscillano dai 6 ai 12, molto più brevi. Si può accedere a questa eventualità per prestiti, mutui e carte revolving. Per avviare questo meccanismo basterebbero 20 euro circa, non c’è necessità di competenze tecniche particolari.
Tra i contro c’è il fatto che la decisione non è direttamente esecutiva come un sentenza, e l’intermediario può scegliere di non adempiere volontariamente. L’ABF non entra nel merito di questioni penali o richieste di annullamento integrale del debito.