Un dettaglio all’apparenza secondario può cambiare tutto. Nella vendita di un immobile, un errore nel certificato energetico può trasformarsi in un ostacolo serio, se non in un rischio economico. L’Attestato di Prestazione Energetica (APE) è un documento obbligatorio, ma il suo contenuto può generare più problemi di quanto si pensi. E il notaio, può davvero bloccare la firma se qualcosa non torna? Le regole ci sono, ma nella pratica la questione è tutt’altro che banale.
Immaginare una compravendita immobiliare come un processo lineare può essere fuorviante. Basta un’informazione errata nella classe energetica dichiarata per innescare dubbi, contenziosi e possibili sanzioni.

L’APE è spesso trattato come un allegato formale, ma quando risulta sbagliato, può scatenare una catena di responsabilità e rimborsi. Il notaio, pur essendo garante della regolarità dell’atto, ha un margine di intervento preciso, delimitato dalla legge. Eppure, dietro quella firma finale, può nascondersi una questione ben più grande.
Il ruolo del notaio e i limiti del suo controllo sull’APE
Nel contesto della compravendita, l’Attestato di Prestazione Energetica deve essere allegato al contratto di trasferimento, come previsto dal D.lgs. 192/2005. Tuttavia, anche quando l’APE contiene errori evidenti, il notaio non può rifiutarsi di stipulare l’atto. Il suo controllo è esclusivamente formale: verifica la presenza del documento e la conformità agli obblighi normativi, ma non entra nel merito della correttezza tecnica delle informazioni.

Se il certificato manca del tutto, l’atto di vendita può comunque essere stipulato, a condizione che venga inserita una specifica dichiarazione nel rogito e che le parti siano consapevoli delle eventuali sanzioni amministrative, che possono variare da 3.000 a 18.000 euro. In questi casi, il rischio non ricade sul notaio, ma sulle parti coinvolte, che devono essere pienamente informate.
D’altra parte, la presenza di un APE con dati errati – ad esempio una classe energetica sovrastimata – non blocca la stipula dell’atto. Tuttavia, apre la strada a potenziali contenziosi. E il venditore, anche se in buona fede, può essere chiamato a rispondere di eventuali danni causati da un’informazione non veritiera, se questa ha inciso sulla decisione dell’acquirente.
Quando l’errore nell’APE diventa responsabilità civile (e penale)
Nel caso in cui emerga un errore nella certificazione, l’acquirente può rivolgersi al giudice per ottenere un risarcimento o una riduzione del prezzo. È ciò che è accaduto nella sentenza del Tribunale di Trani n. 1426/2018, dove è stato riconosciuto il diritto del compratore a essere risarcito per la differenza di valore causata da una classe energetica inferiore rispetto a quella dichiarata.
In altri casi, come presso i Tribunali di Lecce e Terni, è stata riconosciuta la possibilità di ridurre il prezzo di vendita fino al 10%, ritenendo che l’acquirente avesse acquistato un bene sostanzialmente diverso da quello promesso. È la classica ipotesi della vendita aliud pro alio, in cui l’oggetto dell’accordo non corrisponde alle aspettative contrattuali.
La responsabilità non si ferma al venditore. Se l’errore è imputabile al certificatore, questi può essere chiamato a rispondere sia in sede civile che penale. La mancanza di un sopralluogo o l’uso di dati obsoleti può configurare colpa professionale grave, e il venditore potrà agire in rivalsa contro di lui.
In definitiva, anche se il notaio non ha il potere di bloccare l’atto per un APE errato, le conseguenze possono essere importanti per tutte le parti coinvolte. Verificare l’accuratezza della certificazione, prima di arrivare al rogito, può evitare problemi legali e perdite economiche.