Ecco come tuona Morgan Stanley: possibile una correzione dei mercati del 10-15% entro la fine dell’autunno

Le previsioni sui mercati americani da qui a fine 2025 accendono dibattiti e aspettative contrastanti. Mentre alcuni indicatori suggeriscono cautela, altri aprono spiragli di ottimismo. C’è chi parla di correzioni imminenti e chi invece scommette su un forte rimbalzo nei prossimi mesi. Ma cosa raccontano davvero i dati? E quanto incidono stagionalità e politica monetaria su ciò che potrebbe accadere? In questa analisi, i segnali non vanno ignorati, anche quelli meno evidenti.

Da anni, le fluttuazioni dell’S&P 500 non seguono mai una traiettoria lineare. Alcuni mesi scorrono in silenzio, mentre altri esplodono in movimenti inaspettati. Le ultime settimane dell’anno, in particolare, sono spesso decisive. Le aspettative si rincorrono: tra chi teme un calo improvviso e chi immagina una chiusura in grande stile, il clima resta carico di incertezza. Dietro le previsioni si nasconde un intreccio di fattori che merita attenzione, soprattutto alla luce di ciò che è successo negli ultimi cicli di mercato.

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Osservando le dinamiche passate, non è raro vedere un’accelerazione proprio quando l’anno volge al termine. Tuttavia, le pressioni esterne e le scelte della Federal Reserve complicano il quadro. Non si tratta solo di fiducia o timori: spesso è la combinazione di eventi a determinare la direzione. Ed è proprio su questo terreno che si gioca una delle partite più delicate dell’intero anno finanziario.

Analisi dei rischi: segnali da leggere con attenzione

Secondo diverse fonti, agosto e settembre rappresentano una fase debole per i mercati statunitensi. L’S&P 500 registra spesso perdite medie dello 0,6% ad agosto e dello 0,9% a settembre. Le statistiche, da sole, non bastano a spiegare le oscillazioni, ma indicano un trend. Morgan Stanley, ad esempio, segnala una possibile correzione del 10-15% entro la fine dell’autunno. Anche Goldman Sachs invita alla prudenza, parlando di valutazioni elevate e spread creditizi in crescita.

Analista che studia i mercati
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Non è solo una questione tecnica. La geopolitica instabile, la politica monetaria incerta e l’assenza di catalizzatori forti rendono il contesto fragile. In questo scenario, le strategie difensive acquistano rilevanza. Non sorprende che molti analisti consiglino un approccio neutrale, evitando mosse eccessivamente aggressive in una fase ancora instabile.

Ma non mancano gli spunti per uno sguardo più costruttivo. Quando la Fed taglia i tassi, come potrebbe avvenire nei prossimi mesi, l’S&P 500 tende a reagire positivamente. In media, secondo LPL Financial, i mercati hanno guadagnato oltre il 30% nei cicli di allentamento monetario. Anche se ogni contesto è diverso, l’effetto psicologico di una politica più accomodante può fare la differenza.

Dicembre e la forza della stagionalità

Uno degli aspetti più curiosi e meno discussi è legato alla stagionalità. Dicembre, in particolare, gioca spesso un ruolo chiave. Il cosiddetto “Santa Claus Rally” è un fenomeno noto: negli ultimi decenni, l’S&P 500 ha registrato un rendimento medio dell’1,3% tra fine dicembre e inizio gennaio. E in circa l’80% dei casi, quel periodo si è chiuso in positivo.

Ma c’è di più. Dal 1980 a oggi, in oltre la metà degli anni, l’indice ha toccato il massimo annuale proprio a dicembre. In quei casi, il rendimento medio annuo si è aggirato attorno al 20%. Questo dato, pur non garantendo un futuro simile, suggerisce che le ultime settimane dell’anno possono riservare sorprese, anche dopo mesi difficili.

La probabilità che i mercati americani siano più alti a dicembre 2025 rispetto a oggi, secondo MarketWatch, è stimata intorno al 68%. Un numero che invita alla riflessione, più che all’euforia. Forse il vero punto non è tanto prevedere cosa succederà, ma capire quali segnali ascoltare.

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