Hai mai trasferito soldi dalla tua carta prepagata al conto corrente pensando che fosse una semplice operazione? In realtà, ci sono movimenti che, anche se abituali, possono accendere una spia nei controlli del Fisco.
Il problema non è spostare denaro, ma dimostrare da dove arriva. E se la provenienza non è chiara, potrebbero esserci conseguenze.
Questa è la storia di Eugenio e Antonietta, due persone comuni che, senza volerlo, si sono trovate nel mirino delle verifiche fiscali.
Eugenio è pensionato. Ricevendo ogni mese la sua pensione su una carta prepagata e, per comodità, a volte trasferisce parte dell’importo sul conto corrente. Antonietta, invece, fa la badante.
Il suo stipendio arriva su una Postepay Evolution e, a fine mese, lo sposta sul conto per gestire spese familiari. Entrambi si comportano con totale trasparenza. Eppure, anche operazioni così semplici possono essere fraintese. Soprattutto se ripetute spesso o se collegate ad altre entrate poco chiare.
Le carta prepagate, infatti, soo spesso considerate strumenti “neutri”, ma per l’Agenzia delle Entrate non è proprio così. Tutto dipende da cosa ci finisce sopra e da come quei soldi vengono usati. Se non c’è traccia della loro origine, è lì che iniziano i problemi.
Chi usa una carta prepagata per accreditare lo stipendio o la pensione e poi sposta tutto sul conto corrente, di solito non ha nulla da temere. Le entrate sono tracciate e già tassate. Il passaggio di denaro serve solo a gestire meglio le proprie finanze. Ma il discorso cambia se compaiono somme non giustificate o operazioni ricorrenti di dubbia origine.
L’Agenzia delle Entrate non guarda tanto alla carta in sé, quanto al reddito che vi transita. Se arriva denaro da fonti poco trasparenti, può scattare la cosiddetta presunzione di reddito: in pratica, il Fisco considera quei soldi come imponibili, a meno che tu non dimostri il contrario.
Ed è proprio questo il punto critico. Se Eugenio, per esempio, ricevesse spesso contanti e li versasse sulla sua prepagata, o se Antonietta ricevesse bonifici da amici o parenti, queste operazioni, se ripetute o di importo elevato, potrebbero attirare l’attenzione. In questi casi, è il contribuente a dover provare che quei soldi non sono reddito non dichiarato.
Ci sono due tipi di movimenti che, più di altri, fanno alzare il sopracciglio all’Agenzia delle Entrate. Il primo è il versamento di contanti sulla carta. Se si tratta di episodi sporadici e di piccole somme, nessun problema. Ma se diventa un’abitudine, può sembrare un modo per “riciclare” soldi non tracciati.
Il secondo riguarda i bonifici da terzi verso carte prepagate con IBAN. Anche in questo caso, ricevere occasionalmente un aiuto da un familiare non è un illecito. Ma se i bonifici diventano frequenti o provengono da più persone, allora serve una spiegazione. E se non si è in grado di fornirla, il Fisco può considerare quelle somme come redditi non dichiarati.
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